Fuori dal 14 giugno su tutti i digital store “Handwriting”, il primo singolo di Waving Ant. Il brano è sarà acquistabile e scaricabile anche su bandcamp.

Waving Ant è un progetto fuori dagli schemi e ogni brano racchiude significati profondi che possono emergere solo con un ascolto attento. Sintetizzatori, suoni ambient e campionamenti si incrociano e mescolano creando emozioni. Creando melodie che parlano da sole.

Waving Ant ci racconta il suo brano

“Handwriting” è il tuo primo singolo. Quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato nella realizzazione di questo brano?

La sfida è sempre e solo una: trovare l’idea, e avere il tempo, la serenità, il contesto per trasformarla in qualcosa. E poi resistere ed insistere finché la coscienza non ti dice che hai fatto tutto (e non hai fatto troppo) per realizzarla. In questo caso sono stato fortunato perché l’idea è arrivata dopo che ho trovato quasi per caso questo film educativo sull’importanza della calligrafia. E sono stato fortunato a finire il pezzo prima che la motivazione mi abbandonasse!

La tua musica è descritta come un mix di sintetizzatori, suoni ambient e campionamenti. Quale di questi elementi senti che rappresenta di più la tua identità musicale e perché?

Durante l’adolescenza sono rimasto folgorato dai sintetizzatori e dall’organo a canne, mi piaceva ascoltare canzoni con suoni avvolgenti non facilmente identificabili. Questi elementi in realtà sono parecchio simili nel senso che si prestano a manifestare pensieri o storie complesse, proprio per la loro natura spesso indefinita. Poi, in realtà, molti dei suoni che sembrano sintetizzati sono dei campionamenti, e viceversa. Quelli che definisci “suoni ambient” sono nella maggior parte dei casi delle stratificazioni di cose, anche suoni di strumenti acustici, che subiscono una serie di trattamenti distruttivi che finiscono per non farli somigliare a nulla di conosciuto.

Il tema della calligrafia come simbolo di raffinatezza e successo personale è molto affascinante. Come hai scelto questo tema e quali riflessioni personali ti ha portato a fare?

Alcune sere passo il tempo a scovare pubblicità e film che risalgono a prima che nascessi. Ho trovato questo documentario degli anni ’60, e mi ha colpito questa ricerca della bellezza della scrittura come base della produttività e del successo, iniziando dalla scuola. All’inizio mi ha fatto provare una forma di nostalgia (francamente non ricordo l’ultima volta che ho scritto a lungo con una penna) poi riflettendoci mi sono reso conto che la ricerca dell’apparenza è una costante, nonostante oggi non ci sia molto spazio per abilità non quantificabili o misurabili. Ieri era la calligrafia, oggi è essere social o essere un fulmine con i software (anche nell’ambito musicale), o essere bravo a scrivere una mail che condensi tutto il tuo pensiero nelle prime due righe… altrimenti hai perso l’opportunità. Siamo numeri e apparenza. La nostra vera essenza è sotterrata.

Viviamo in un’era frenetica dove spesso la creatività viene sacrificata per l’efficienza. Come credi che la musica possa aiutare a ritrovare un equilibrio tra questi due aspetti?

Purtroppo la musica è uno degli aspetti in cui questa frenesia è più evidente. Il problema però è ancora più a monte: non siamo più in grado di godere del nostro tempo. Se abbiamo 10 minuti liberi li passiamo comunque a ricevere input di tutti i tipi, ad una velocità che fino pochi anni fa era inimmaginabile. Quindi ascoltare musica, con le cuffie, al buio, oggi è quasi una perdita di tempo, dato che ogni occasione è buona per guardare qualcosa e ottenere informazioni – spesso assolutamente secondarie. Più che dalla musica bisognerebbe ripartire dal dialogo con noi stessi, dall’ozio, dal riposo della mente.

Essendo un artista siciliano, in che modo la cultura e le tradizioni della tua terra natale si riflettono nella tua musica?

Magari non è il caso di “Handwriting”, ma spesso la mia musica si ispira a paesaggi, sia quelli lontanissimi che quando ero piccolo vedevo attraverso i documentari, sia a quelli che visitavo e visito ancora nel tempo libero; la Sicilia è fatta di borghi fuori dal tempo, zone quasi desertiche, mare, boschi fittissimi, montagna… il tutto condensato spesso in pochissimo spazio! Inoltre, in Sicilia si assiste alla coesistenza di ere diverse, alcuni paesini sono letteralmente rimasti agli anni ’70, questo in alcuni casi è stimolante, altre volte porta a delle riflessioni amare. Ho anche un debito nei confronti della mia terra, non mi sono fidato abbastanza del potenziale artistico dei suoi abitanti; oggi il panorama musicale di Palermo, ad esempio, è eterogeneo e particolarmente brillante, vedi Dario Mangiaracina, Angelo Sicurella, Fabrizio e Roberto Cammarata. Ma è anche composto da persone che magari nella vita fanno tutt’altro, pur riuscendo ad esprimersi con la musica in modi assolutamente memorabili e soprattutto sinceri e coerenti.

Quali sono le tue ambizioni a lungo termine per Waving Ant e dove ti vedi nel panorama musicale nei prossimi anni?

Intanto ho un po’ di temi interessanti che mi piacerebbe affrontare, per fortuna le idee non mancano. Vorrei allargare il progetto, ho amici con cui ho suonato (altri generi) per anni e che vorrei coinvolgere di più. Ho un piccolo pubblico di persone che amano cercare dettagli nella musica e viaggiare con le loro interpretazioni, io stesso ascolto la musica in questo modo e il mio obiettivo è trovare altre persone come me a cui presentare il mio progetto. Vorrei una sorta di grande club di nerd, che ascoltano le mie cose e che coltivino l’immaginazione.


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