Kelly Marcel esordisce alla regia con Venom – The last dance, di cui è anche co-produttrice.
Il lungometraggio è il terzo capitolo della saga che, sceneggiata proprio dalla Marcel, è stata iniziata nel 2018 da Venom, portandoci a conoscenza del giornalista investigativo Eddie Brock interpretato da Tom Hardy, il quale, nel pieno di un’indagine su un laboratorio di ricerca scientifico che conduceva esperimenti molto pericolosi su cavie umane, veniva a contatto con un simbionte, ovvero una forma di vita aliena che era all’interno di una donna usata in modo scriteriato nella sperimentazione. La stessa che, morendo, trasferiva appunto il simbionte Venom nel corpo di Brock.
In questo terzo film si parte con Eddie costretto a fuggire insieme al suo inseparabile alieno dentro di sé perché ricercato dal governo dopo i fatti accaduti nel precedente Venom – La furia di Carnage. Intanto, dallo spazio altri simbionti vengono inviati sulla terra dal loro creatore, ovvero Knull, imprigionato nelle profondità di un abisso cosmico a causa della sua malvagità e pericolosità estrema. Le creature devono trovare Venom, poiché è l’unico della specie a possedere il Codex, strumento in grado di liberare Knull dalla sua prigione una volta per tutte. Ma la trama è piuttosto confusa, in quanto viene messo in mezzo anche il centro di ricerche denominato Area 51, base militare sperimentale ubicata nel Nevada, da sempre oggetto di curiosità poiché sembra che al suo interno si conducessero esperimenti su vite e velivoli alieni. Nei sotterranei sono sotto osservazione altri simbionti che non hanno trovato il loro “ospite” umano e tale base sta per essere smantellata, quando, attraverso varie videocamere di sorveglianza, i militari riescono a scovare Eddie Brock e Venom. Da qui, Tom Hardy e i dialoghi con il suo “ospite” si rivelano un manuale di battute già sentite e puerili che non aggiungono nulla e, anzi, hanno ormai stancato, al servizio di un terzo capitolo di cui non si sentiva affatto il bisogno.
Venom – The last dance presenta inoltre una componente da road movie, con i nostri che, come detto in fuga, partiti dal Messico devono recarsi fino a New York e attraversano in vari modi il confine con gli Stati Uniti, incontrando personaggi bizzarri fino a quando saranno rintracciati dall’esercito e dai simbionti di Knull, proprio nei pressi dell’Area 51. Ivi ha inizio una lotta senza quartiere e scontri come se non ci fosse un domani, tra creature aliene e sparatorie con i militari, in un lunghissimo tripudio di effetti digitali fastidiosi e per nulla innovativi, tanto che per gran parte del tempo sembra di assistere in maniera passiva e noiosa ad un videogioco, frastornati da esplosioni a ripetizione. Sequenze capaci di disperdere ogni tipo di interesse (mai pervenuto) in una trama assai scarna, con personaggi piatti di cui ci si ricorda poco e niente, tra generali che esercitano un potere assoluto, come il Rex Strickland portato in scena da Chiwetel Ejiofor, e zelanti ricercatrici, su tutte la dottoressa Payne di Juno Temple. Uniche note liete sono quelle musicali della colonna sonora, tra Don’t stop me now dei Queen, Wild world di Cat Stevens e Space oddity di David Bowie. Tutto il resto è noia!
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