“Mi chiamo Christine, Christine Lucas, ho 40 anni e soffro di amnesia, questa notte durante il sonno, la mia mente cancellerà tutto, tutto quello che so oggi, tutto quello che ho fatto oggi. E domani mi sveglierò proprio come ho fatto questa mattina, credendo di avere tutta la vita davanti a me, e la verità è che metà della mia vita se n’è già andata”.
Nel 2011 il regista Ridley Scott acquista i diritti cinematografici del bestseller internazionale di S. J. Watson Non ti addormentare (Before I Go to Sleep), affidandone la sceneggiatura e la regia a Rowan Joffé, sceneggiatore, produttore e regista britannico con alle spalle la regia di un unico lungometraggio, Brighton Rock, del 2010, e di un paio di serie tv, oltre alla sceneggiatura del sequel del cult movie 28 Giorni Dopo, ovvero 28 Settimane Dopo, diretto nel 2007 da Juan Carlos Fresnadillo. Scott figura quindi in questo Before I Go to Sleep, classe 2014, come produttore esecutivo, ed il suo “prescelto” dimostra di sapere il fatto suo, anche perché si è voluto coinvolgere proprio lui nel progetto in quanto sua madre aveva sofferto di amnesia in seguito ad un’emorragia cerebrale. Protagonista assoluta di questo thriller ad alto tasso di suspense è l’algida Nicole Kidman, che in passato ha dimostrato più volte di essere perfettamente adatta al genere, affiancata da due pezzi forti come Colin Firth e Mark Strong: insieme i tre attoroni sapranno reggere per un’ora e mezzo tutta la tensione derivata da questa storia di vuoti mnemonici e scambi di personalità, fino al finale strappalacrime che però in questo caso ho mediamente apprezzato. La sceneggiatura presenta qualche difetto piuttosto evidente, soprattutto in alcune scene che difficilmente possono risultare credibili, ma va da sé che il film è comunque più che godibile, fa il suo lavoro, intrattiene e fa sussultare, ed in una pellicola del genere questo è ciò che più conta. Nicole è semplicemente impeccabile nel ruolo, senza alcuna sbavatura, convince, commuove e crea empatia, e Firth e Strong sono perfetti per confonderle e confonderci le idee, come in un torbido intreccio alla Hitchcock in cui ogni volta che pensi di aver capito si rimescolano di nuovo tutte le carte in tavola.
Christine è una giovane donna che, dopo un grave danno cerebrale a seguito di un brutto incidente accadutole 4 anni prima, si sveglia ogni mattina completamente priva della memoria dei suoi ultimi 20 anni, senza ricordare nulla nemmeno di ciò che le è successo il giorno precedente. La sua memoria arriva ai suoi 20 anni e si blocca. Ogni mattina, pazientemente, il marito Ben, che le rimane accanto nonostante tutto, le rispiega chi è e le racconta la loro vita insieme, mostrandole fotografie e cercando di aiutarla e ricordare. Ma ogni mattina, quando lui esce, entra in campo anche un altro uomo, il dott. Mike Nasch, un neuropsichiatra che ha preso gratuitamente e volontariamente in cura Christine per aiutarla e studiare il suo insolito caso, all’insaputa di Ben. Ma quello che gli dice l’uno non combacia con quello che gli dice l’altro, ed usando una fotocamera nel quale giornalmente registra i suoi ricordi la donna cercherà di fare chiarezza nella sua nebulosa esistenza.
Non sarà un capolavoro, ci sta, ma, sebbene si sia rivelato un flop al botteghino, a me questo bel thriller è proprio piaciuto. Da tanto non ne vedevo uno che mi coinvolgesse così tanto. Joffé è molto versato nella gestione della suspense, che tiene sempre alta, le svolte narrative sono improvvise e spiazzanti, e non è difficile immedesimarsi con Christine, visto che noi spettatori non sappiamo assolutamente nulla in più di lei. Ogni nuovo tassello, ogni brandello del suo passato che riemerge ci avvicina sempre di più alla risoluzione del giallo, a quale sia stato il misterioso incidente su cui Ben sorvola e che ha ridotto la giovane quasi in fin di vita. Ogni volta che ella riesce ad aprire una piccola finestrella sul suo passato, ogni volta che un nuovo personaggio entra in gioco, i dubbi, invece che schiarirsi, aumentano, ma mettendo insieme le tessere del puzzle, con l’aiuto del dottore ma soprattutto della sua forza di volontà, Christine riuscirà a riportare a galla fatti terribili che la sua mente aveva completamente rimosso.
Il disturbo neurologico di cui soffre Christine è la cosiddetta amnesia anterograda, in cui il soggetto manifesta difficoltà nell’acquisire nuove informazioni o nuovi ricordi dopo l’evento che lo ha portato alla perdita di memoria. Ad essere interessata è principalmente la memoria a breve termine, dato che rende impossibile ricordare informazioni recenti. Nicole Kidman, per prepararsi bene alla parte, ha studiato la vita e lo stato psicofisico di diversi amnesici, approfondendo le conseguenze psichiche e psichiatriche di una malattia che comporta la reale perdita del contatto con la realtà, a tra essi anche il famoso musicologo britannico Clive Wearing che in seguito ad un’encefalite ha cominciato a soffrire di amnesia sia anterograda che retrograda, ed al quale sono stati dedicati numerosi documentari. Quello che in effetti non convince coloro che di queste problematiche se ne intendono è la risoluzione, forse un po’ troppo semplicistica, di questo disturbo da parte della protagonista, ma essendo davanti a un film direi che certi dati, per così dire “scientifici”, vadano presi con le molle.
Rispetto al romanzo da cui è tratta, la pellicola modifica il supporto su cui Christine registra i propri progressi, cambiandolo da un diario cartaceo ad uno video auto registrato su una videocamera, rendendolo quindi maggiormente visivo e più adatto al linguaggio cinematografico thriller. Ma le domande intorno a cui ruotano entrambi i lavori sono le stesse, interrogandosi sui concetti di identità, di amore e di perdita, sulla fondamentale importanza dei nostri ricordi, che creano il nostro io più profondo. Girato per la maggior parte con una videocamera palmare, per restituire al meglio l’esperienza soggettiva della protagonista, Before I Go to Sleep è ambientato in una bella villa immersa nella natura inglese che, se da una parte rappresenta il nido familiare in cui Christine dovrebbe essere al sicuro, dall’altra è una sorta di prigione da cui ella vorrebbe poter scappare per trovare tutte le risposte che disperatamente cerca per ricostruire i 20 anni perduti della sua vita. Le sequenze del film vengono spesso ripetute quasi in maniera identica, a suggerire la monotonia delle giornate di Christine che si ripetono uguali giorno dopo giorno. A queste ripetizioni vengono inframezzati i flashback di un passato che ella ha vissuto ma che non ricorda più, e che servono a spezzare la routine quotidiana della giovane donna. La Kidman in questo film ricorda un’eroina hitchcockiana, sembra uscita da pellicole quale ad esempio Delitto Perfetto, anche per la tavolozza di colori utilizzata per tratteggiarla, in cui prevalgono i verdi ed i marroni. Nonostante quando girò il film avesse già quasi 50 anni, le viene richiesta un’età scenica di 40, che ella ricopre perfettamente, sembrando, soprattutto nelle scene acqua e sapone, poco più che una bimba, e regalandoci un nudo integrale posteriore davvero invidiabile anche da molte trentenni!
Insomma, con un cast di altissimo livello, una tensione sempre più alta man mano che si va avanti nella storia, una girandola di scoperte e mezze verità che ci tiene costantemente sul chi va là, Before I Go to Sleep si dimostra un thriller psicologico intrigante e non prevedibile, e siamo pronti a perdonargli qualche evidente buco di sceneggiatura e qualche incongruenza narrativa anche abbastanza macroscopica. La strizzatina d’occhio alla violenza di genere, soprattutto in questi anni bui, ci sta sempre bene. Il finale strappalacrime io di solito sono per evitarlo, ma in questo caso, un piccolo barlume di speranza nella vita di una donna che ne ha passate molte più di quante riesca a ricordarsi, certamente si può tollerare ed anzi, addirittura auspicare. Per me, dunque, assolutamente da vedere, nonostante non sia certo un capolavoro della cinematografia mondiale, ma per chi ama i thriller english style, ne è sicuramente un buon esempio.
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