Il brano del cantautore in una doppia veste d’arrangiamento
“Andare avanti” è una canzone scritta dall’artista Michele Bo successivamente a “Pasticciotta alla crema” e racchiude le emozioni della fine di una relazione e l’inizio di un nuovo percorso. Michele Bo è un artista emergente italiano espatriato all’estero in cerca di nuove opportunità. Tale partenza è stata conseguenza anche della rottura di un’importante relazione. Lasciandosi alle spalle il passato l’artista porta con sé i ricordi preziosi e nostalgici, con all’orizzonte un nuovo inizio e un futuro ricco di nuove avventure.
La canzone è stata strutturata in modo da portare l’ascoltatore in un viaggio emotivo in cui gli strumenti e la complessità aumentano fino a culminare in un orgasmo uditivo, in corrispondenza dell’assolo di chitarra elettrica finale accompagnato dall’ultimo ritornello e poi la chiusura, in cui c’è il rilascio delle tensioni e un rilassamento strumentale che si ricongiunge con l’inizio del brano. Tale percorso si sente ancora di più nella “Piano Version” nella quale la percezione di tale climax è ancora più accentuata.
“Andare avanti” è stata prodotta in due versioni, entrambe registrate ad Abu Dhabi, al The BarCoe Studio insieme al pianista e producer Joel IsonKeys. La prima versione contiene un arrangiamento dinamico che presenta la chitarra acustica come strumento principale, su cui poi sono stati inseriti tutti gli altri strumenti. Questa versione rasenta maggiormente lo stile tipico cantautorale dell’artista Michele Bo, il quale è solito scrivere i suoi pezzi accompagnandosi con la chitarra acustica, che è il suo strumento principale. La seconda versione invece, “Andare avanti (Piano Version)”, mette il pianoforte al centro dell’arrangiamento e si focalizza maggiorente sul percorso uditivo in cui l’autore vuole accompagnare l’ascoltatore. Tale versione, infatti, presenta delle percussioni acustiche più leggere e avvolgenti, che si introducono solamente dopo la metà del brano, dei ritocchi al violoncello e altri strumenti ad arco quasi impercettibili che accompagnano l’ascoltatore e supportano lo stato emotivo come delle foglie che galleggiano su un lago silenzioso all’imbrunire. Anche la base al pianoforte risulta più armoniosa e dolce. Inizialmente supporta la voce con dei semplici e soffici accordi, che poi si sviluppano in arpeggi più complessi con l’avanzamento del brano, fino a culminare in un orgasmo uditivo che esplode con la chitarra elettrica che accompagna l’ultimo ritornello. La voce prosegue in un analogo percorso in entrambe le versioni. La chitarra acustica della prima versione da una sensazione di pienezza e completezza durante tutto il brano e la batteria acustica è più decisa nell’assolo finale, ma è nella Piano Version che nella parte finale la chitarra elettrica con il suo grido penetrante e deciso risalta di più creando un contrasto maggiore con la base soffice e avvolgente del pianoforte. Tutto è stato costruito per aumentare la tensione durante l’avanzamento del brano, a partire dalla complessità degli accordi con il piano, l’introduzione graduale di violoncelli e strumenti ad arco, l’aggiunta della batteria solo dalla metà passata del brano, gli accenni di chitarra elettrica prima dell’esplosione emotiva finale, lo stacco parlato dell’ultimo bridge che precede l’esplosione di piacere uditivo finale. Questi e altri dettagli caratterizzano questo brano. Anche la scelta inconsueta della metrica del tempo è fuori dal comune. Si potrà notare infatti che il tempo non è omogeneo, ma, oltre a un paio di modifiche al tipico quattro quarti in punti strategici della canzone, il tempo in partenza lento aumenta di velocità, in supporto al climax che accompagna l’ascoltatore lungo lo scorrere del brano, partendo da un 76 BPM raggiunge al culmine del climax un 82 BPM, per poi ritornare a un 76 BPM nell’ultima strofa. Infatti, proprio nell’ultima strofa si presenta la chicca finale nella composizione di questo brano. Con il rilascio della tensione e il ripristino dell’equilibrio iniziale, l’ultimo accordo rimane apparentemente irrisolto, in sospeso. La soluzione risiede proprio nelle parole dell’ultimo verso: “non è finita”. Infatti, la piccola chicca armonica sta nel fatto che l’accordo finale si risolve con l’accordo iniziale del brano, quindi si risolve solo se viene ascoltata in loop, in un ciclo infinito quindi, che sta a significare la ciclicità del passato, del presente e del futuro, che si rincorrono di continuo. Al finire di una relazione se ne apre un’altra e così via. Poi, estendendo il concetto, le esperienze umane sono le stesse che si ripetono all’infinito, di generazione in generazione, invariate e immutate. L’amore, le emozioni, gli istinti, le pulsioni degli esseri umani, il senso di abbandono e di ritrovamento, la passione e il sublime sentimento di amore incondizionato. Esse sono lo stesse da migliaia di anni, identiche, le si ritrovavano infatti anche nella mitologia greca, romana e di tutti i popoli di cui abbiamo traccia storica, tali e quali, le stesse esperienze di vita umana, tutto ciò che viviamo non è nuovo agli occhi dell’universo, è già stato vissuto e così come lo viviamo noi ora altri che verranno lo proveranno nuovamente per la prima volta. A proposito di mitologia greca e parallelismi e differenze tra odierno e passato, Michele Bo ha scritto un brano a riguardo del parallelismo tra mitologia, divino, disuguaglianze sociali e società odierna, intitolato Orfeo ed Euridice, che prende l’omonimo mito per raccontare alcune delle emozioni forti che caratterizzano l’amore incondizionato e mettere in luce, con un parallelismo tra divino e mortale, le problematiche e i divari sociali che affliggono la società moderna.
Ultima nota, mettetevi comodi, seduti, sdraiati, in macchina, a spasso, a casa o in ufficio, vedete voi, e ascoltate il brano per intero, godendo del viaggio emotivo in cui vi porta l’autore con le sue parole, perché dura la bellezza di 6 minuti e 17 secondi. Nel bel mezzo di un panorama musicale che premia le eiaculazioni precoci, ecco a voi un brano di rispettabile lunghezza.
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