Fuori dal 22 ottobre su tutte le piattaforme digitali “Earthfall”, il nuovo disco di Marco Liuzzi. Un album di otto tracce strumentali che mescolano musica minimalista e jazz. Sperimentazione ed emozione sono le due parole chiavi per descrivere questo lavoro.

Per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista.

Marco Liuzzi intervista

Marco, il titolo Earthfall evoca immagini di discesa e frammentazione. Cosa ti ha ispirato a raccontare questo “declino” attraverso la musica?

Le canzoni di Earthfall sono nate in modo organico, senza un tema specifico predefinito, e non lo considererei un ‘concept album’ in senso stretto. Tuttavia, durante il processo creativo, il tema della disintegrazione e della discesa si è sviluppato progressivamente come un ‘fil rouge’, quasi come un contrappeso naturale al lavoro precedente, che era incentrato sull’ascesa e l’integrazione. Questo tema di frammentazione è diventato anche un elemento unificante per gran parte della musica presente nell’album, come in brani come Valle della Conoscenza o Como un Ciego, per esempio. È stato molto interessante ed affascinante vedere come questa idea si sia quasi sviluppata da sola e abbia dato coerenza al progetto. Discesa e frammentazione, tuttavia, non dovrebbero essere viste solo come aspetti negativi. Questo ‘declino’ contiene anche una necessaria idea di speranza: rappresenta quella distruzione creativa necessaria affinché un nuovo mondo possa manifestarsi. È un processo che fa parte di un ciclo naturale, in cui il vecchio deve disintegrarsi per far spazio al nuovo.

Qual è stata la sfida maggiore nel passare dal concept di Earthrise, basato sull’ascesa, a Earthfall, che sembra esplorare una realtà più frammentata?

Passare dall’idea di integrazione a quella di disintegrazione non è stato di per sé una sfida – anzi, è stato un passaggio del tutto naturale. La sfida maggiore è stata riflettere attentamente e meditare su cosa tenere di Earthrise e come portare avanti gli elementi più interessanti dei lavori precedenti nel nuovo album, eliminando invece idee e approcci che, riconsiderati a distanza di un paio d’anni, si sono rivelati meno ispiranti o forse meno comprensibili. In un certo senso, è stato un processo di integrazione e disintegrazione: mantenere ciò che era valido e, allo stesso tempo, lasciare andare ciò che non lo era.

Ogni traccia di Earthfall sembra raccontare una storia unica. Se dovessi scegliere, quale brano consideri il più rappresentativo dell’album e perché?

Scegliere una traccia rappresentativa è come scegliere tra i propri figli – davvero difficile. Tuttavia, sento una connessione speciale con i brani Valle della Conoscenza, The Knower, the Sustainer e Como un Ciego. Valle della Conoscenza cerca di trasmettere suggestioni mistiche, un’impresa non semplice, e forse nemmeno del tutto possibile. Musicalmente, ho cercato di mescolare elementi che vanno dal minimalismo al rock progressivo fino al jazz modale, sperando di ottenere un risultato armonioso e sincero, senza sembrare troppo pretenzioso. The Knower, the Sustainer nasce come una preghiera – ma spero che suoni come una preghiera unica, diversa da tutte le altre, capace di evocare una connessione spirituale profonda. Infine, Como un Ciego è influenzato dall’idea del tango, ma con alcune variazioni. Una delle qualità uniche del tango è la capacità di abbracciare uno sconosciuto o una sconosciuta e creare un senso di connessione profonda, come se due persone, pur estranee, si incontrassero a un livello intimo attraverso la musica e il movimento. Con questo brano, spero di evocare quel tipo di vicinanza – quel modo di essere vicini senza parole, di lasciarsi trasportare insieme dalla melodia.

C’è una traccia, come ad esempio The Knower, The Sustainer, che esplora temi mistici. Credi che la musica possa trasmettere una dimensione spirituale più di quanto riescano le parole?

Come dicevo prima, The Knower, The Sustainer esplora sicuramente temi mistici, ma lo fa con una visione della preghiera un po’ diversa da quella tradizionale. Spesso pensiamo alla preghiera come a qualcosa di serio, quieto, ma credo che una preghiera possa anche essere aperta, gioiosa e perfino allegra. In alcune tradizioni, il ritmo non è un elemento accessorio, ma una parte fondamentale della preghiera. Pensiamo ai mantra orientali, alle cerimonie animiste e ai ritmi delle preghiere sufi: tutti utilizzano il ritmo per intensificare la dimensione intima di connessione con l’universo. La musica, in particolare, ha questa capacità straordinaria di trasmettere una dimensione intima e profonda che va oltre il linguaggio delle parole. Con le parole, a volte siamo limitati da significati e interpretazioni precise, ma la musica può sfuggire a questi vincoli e toccare corde più profonde, universali.

Earthfall riflette temi attuali, come il confronto tra progresso e crisi etica. In che modo ti auguri che chi ascolta interpreti o rifletta su questo messaggio?

Earthfall affronta questo confronto tra progresso e crisi etica come un invito alla riflessione su ciò che significa vivere in un tempo di grande cambiamento, in cui la disintegrazione e l’integrazione sono entrambe necessarie per costruire una nuova umanità. Viviamo in un momento cruciale: stiamo distruggendo strutture e convinzioni che non ci servono più e, allo stesso tempo, stiamo cercando di preservare ciò che funziona e ci fa crescere. La disintegrazione, per quanto dolorosa, può essere vista come una fase necessaria per abbandonare vecchi paradigmi e prepararci a integrare nuove idee e nuovi valori. Un esempio simile di integrazione e disintegrazione si può vedere nell’evoluzione del ruolo delle donne. Per molto tempo, le donne sono state relegate a un ruolo marginale, escluse dai luoghi decisionali e dalle sfere di influenza, un passato in cui la società era costruita su una negazione dei potenziali e delle aspirazioni femminili. In molti luoghi, questo ha portato alla sacrosanta ribellione contemporanea, dove vediamo le donne rivendicare con forza il loro diritto di partecipare e guidare, sfidando strutture sociali consolidate che non riconoscono appieno il loro contributo. Questa fase è effettivamente una disintegrazione, ma è anche un passaggio necessario per liberare e reintegrare le capacità e le voci delle donne. Un futuro ideale potrebbe essere quello di una sintesi superiore, in cui il contributo delle donne viene riconosciuto come essenziale al pari di quello degli uomini, non come rivendicazione, ma come una realtà inclusiva e naturale. Questa visione riflette il potenziale di una società che non solo permette, ma abbraccia e celebra il contributo unico di ciascun individuo, indipendentemente dal genere, come una risorsa fondamentale per il bene comune. La speranza che vorrei trasmettere con Earthfall è che in questo periodo di crisi e trasformazione possiamo fermarci a riflettere su come possiamo utilizzare questa disintegrazione per creare un futuro migliore. Abbiamo un’opportunità: possiamo scegliere di smantellare le strutture di pensiero che ci dividono, di rinunciare a ciò che non ci aiuta più, e integrare invece valori e azioni che ci uniscono. Questo passaggio, per quanto difficile, è un’opportunità per rifondare la nostra visione di progresso, in modo che sia inclusiva, sostenibile e rispettosa della nostra comune umanità. Spero che chi ascolti Earthfall possa riflettere su questa tensione tra distruzione e costruzione. È un momento di scelta: possiamo continuare sulla strada dell’auto-distruzione o possiamo usare questa crisi come catalizzatore per una rinascita. È una sfida, ma anche un invito a immaginare un mondo dove l’energia e la creatività di tutta l’umanità, il rispetto per il pianeta e il valore della giustizia sociale siano centrali nel nostro cammino verso una nuova integrazione.

Con Earthfall, cosa senti di aver raggiunto o esplorato che non era presente nei tuoi lavori precedenti?

Con Earthfall, credo di aver esplorato nuovi territori che vanno oltre ciò che avevo raggiunto nei miei lavori precedenti. Ho sperimentato in modo più aperto con il ritmo e l’intensità emotiva. È stata una sfida trovare un equilibrio tra innovazione e introspezione, lasciando che la musica fluisse in modo organico. Inoltre, ho cercato di integrare stili e influenze diverse, come minimalismo, rock, tango e jazz, spingendomi verso una contaminazione stilistica che, spero, mantenga coerenza ma dia allo stesso tempo al lavoro un respiro più ampio. Certamente, ho cercato, se non trovato, un linguaggio musicale più personale e più libero, che riflette una crescita personale, un’esplorazione che non era presente nei miei lavori precedenti. Devo esprimere un profondo ringraziamento a Cosimo Romano e Roberto Cati per il loro straordinario contributo alla riuscita di Earthfall. Cosimo, con il suo basso e contrabbasso, ha dato profondità e calore al progetto, portando sfumature che hanno arricchito il sound in modi che non avrei potuto immaginare. Roberto, alla batteria, ha infuso un’energia ritmica e una sensibilità unica, capace di sostenere e amplificare ogni momento musicale. La loro generosità, talento e dedizione hanno reso questo album possibile, trasformando le idee in un’opera collettiva.


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