Oggi su Mondospettacolo abbiamo il piacere di intervistare Marco Bèchere, una penna eclettica che si muove con maestria tra il mondo dei fumetti e quello della narrativa. Nato a Sassari e oggi residente a Olbia, Marco porta con sé il fascino della Sardegna, una terra che ha plasmato il suo immaginario di scrittore. Dalla sua collaborazione con Sergio Bonelli Editore, dove ha dato vita a nuove avventure di Tex e Zagor, fino al suo esordio letterario con il romanzo Sisifo Americano nel 2024, Marco ci racconta il suo percorso, fatto di studi in antropologia, lavori curiosi e una passione inesauribile per le storie. Preparatevi a scoprire come la cultura sarda, il mito di Tex e un twist moderno si intrecciano nella sua creatività!

Ciao Marco, benvenuto su Mondospettacolo! Partiamo dalle origini: sei nato a Sassari e ora vivi a Olbia. Quanto ha influito la Sardegna, con la sua cultura e i suoi paesaggi, sul tuo immaginario di scrittore?
Innanzitutto vi ringrazio per l’intervista. Beh, per tornare alla domanda, tanto. Certo, il mio romanzo, Sisifo Americano, è ambientato nel Nord America, ma per quanto mi sia basato su una rigorosa documentazione, qualcosa della mia terra traspare, perché in fondo, sia pur in proporzioni ridotte, certi ambienti della Sardegna interna ricordano il Midwest o il Sudovest degli Stati Uniti, anche a causa della scarsa densità abitativa comune e di alcune similitudini nella storia dell’insediamento umano recente in aree precedentemente non valorizzate. Quindi, aiutato anche dal fatto che la cultura americana ha permeato quella occidentale nei modi che sappiamo, ho sentito un po’ mio quell’angolo di mondo.
Hai una formazione particolare: maturità linguistica e laurea in Antropologia culturale ed etnologia. Come si sono intrecciati questi studi con la tua passione per la scrittura e il mondo dei fumetti?
Oddio, su due piedi non saprei rispondere. Ho da sempre avuto il pallino per le lingue straniere, sin da bambino, e quindi nel corso degli anni ho avuto la possibilità di informarmi su ciò che mi interessava non inerente alla realtà italiana direttamente alla fonte. Ad esempio, per scrivere un episodio di Tex ambientato a Seattle mi sono procurato un libro sulla storia di quella città mai tradotto in italiano. Riguardo all’antropologia, questa disciplina mi ha insegnato a esaminare le realtà con cui mi sono confrontato nella loro globalità e a guardarle con occhio distaccato, nonostante io stesso abbia dei pregiudizi!
Prima di approdare alla Bonelli e al successo con Tex, hai fatto tanti lavori diversi. Qual è stato il più curioso o formativo che ricordi, e come ti ha aiutato a diventare lo scrittore che sei oggi?
Oddio, successo con Tex, ho ancora poca roba all’attivo… me lo auguro per il futuro! Tornando alla domanda, non mi ritengo un self made man, anche se con gli eventi degli ultimi anni forse un po’ lo sono diventato. Non ho mai avuto una grande fiducia nelle mie capacità (nonostante il diverso parere di molte persone che mi conoscono) e quindi spesso ho dovuto spronare me stesso per intraprendere qualcosa che mi servisse anche solo per racimolare qualche soldo. Non starò a elencare tutte le attività che ho praticato, spesso per breve tempo. Tra le altre cose ho fatto volantinaggio, creato siti web più per hobby che per lucro, scritto articoli per una rivista, fatto la guida museale, lavorato per alcuni mesi dietro il bancone di un pub, oppure sono stato impiegato come operaio per il restauro degli spazi pubblici interni di un palazzo di inizio Novecento su a Milano. Queste esperienze mi hanno insegnato qualcosa? Presumo di sì e qualcosa si sarà di certo trasferita su una pagina di Open Office.
Nel 2019 la Bonelli approva il tuo soggetto per Tex, un’icona del fumetto italiano. Cosa hai provato quando hai ricevuto quella notizia, e come è stato entrare nel mondo di un personaggio così leggendario?
Era nell’aria, visto che Mauro Boselli, curatore di Tex, me l’ha fatto riscrivere tre volte senza cestinarmelo, segno che credeva nello spunto dell’episodio da me ideato. Ero felicissimo e ho sperato che quella storia diventasse il lasciapassare per una carriera ricca di soddisfazioni. Poi le cose si sono mosse più lentamente, purtroppo, ma il sasso era stato tirato.
È difficile realizzare un soggetto per Tex, devi rispettare un sacco di paletti. Ad esempio ricordo che per uno dei miei primi soggetti ricevetti un sacco di complimenti ma… anche se per nove decimi si trattava di un western tradizionale, non poteva diventare una storia a causa del colpo di scena finale, troppo “maturo” per la collana. Ci ho sofferto perché ci credevo, ma mi è stato di lezione.

Nel 2021 esce Tex Color: La terribile banda, e ora sappiamo che ci sono altre storie in arrivo sia per Tex che per Zagor. Puoi darci qualche anticipazione su cosa dobbiamo aspettarci dalle tue prossime avventure?
In autunno, cambi di programmazione permettendo, esce la mia prima storia come autore completo, sia soggettista che sceneggiatore, per Zagor, disegnata nientemeno che dal grande Marco Torricelli. Si tratta di un giallo alla Zagor, quindi ambientato in una foresta. Poi, affidato per la sceneggiatura a Pasquale Ruju, c’è in preparazione un lungo episodio di Tex ambientato a Seattle. Ma sto già escogitando nuove trame…
Parliamo del tuo primo romanzo, Sisifo Americano, pubblicato nel 2024. Come è nata l’idea di questa storia, e cosa rappresenta per te questo traguardo dopo anni di tentativi?
Anche se vari elementi sono confluiti nel romanzo, mi sono ispirato su uno spunto in particolare (che ovviamente non dico perché sarebbe spoilerante). In origine, era il 2019, volevo trarci un giallo tradizionale ambientato a Milano, città che bazzico sin dall’adolescenza e in cui ho pure vissuto per un certo periodo. Ma c’era qualcosa che non mi convinceva e ho abbandonato il progetto. Dopo un tentativo non riuscito di realizzare un altro romanzo, nel febbraio del 2021 ho avuto l’idea giusta e mi sono messo al computer per scrivere Sisifo.

Il titolo Sisifo Americano richiama il mito di Sisifo, ma con un twist moderno. Quanto c’è di autobiografico o di riflessione personale in questo lavoro?
Sin da subito ho inserito vicende o situazioni a cui avevo assistito o di cui ero stato anche protagonista nel corso della mia vita o storie che mi erano state raccontate di prima mano. Ma dopo che lo completai e mi misi a correggerlo mi resi conto che la componente autobiografica era addirittura maggiore, tant’è che mi rispecchiavo nei tratti del carattere di molti dei personaggi principali e nelle loro dinamiche di interazione. Tant’è che alla fine dei conti, Sisifo è un romanzo estremamente personale. Ma nessuno lo direbbe, giacché è confezionato come un normale prodotto di consumo, un thriller con sfumature noir.
Lavori sia nel mondo dei fumetti che in quello dell’editoria, collaborando anche con agenzie letterarie. Come riesci a bilanciare queste due anime creative, e quale delle due ti dà più soddisfazione?
Il fumetto è un mondo, la scrittura è un altro e quindi bisogna approcciarsi a loro in modo differente. In questo periodo sono in una fase un po’ di magra da un punto di vista lavorativo e quindi ho tutto il tempo per dedicarmi a un progetto alla volta. Ma qualunque sfida alla pagina vuota mi dà soddisfazione. Tra l’altro lavoro anche come ghost writer, impegno non facile perché devo stare dietro tutte le richieste, anche le più strane, di chi mi commissiona il lavoro. Tant’è che prima di Sisifo è stato pubblicato altro scritto da me, ma non a mio nome.
Tex e Zagor sono personaggi con un seguito enorme. Come ti prepari per scrivere per loro, e quali sfide incontri nel dare nuova linfa a queste icone senza tradirne lo spirito?
Come spiegato, devo rispettare le direttive dei curatori. Poi bisogna avere una cultura quasi enciclopedica su quei personaggi e una buona conoscenza del periodo storico in cui sono ambientati. Di mio, sono stato sin da piccolo amante dell’avventura e del West, quindi per me non è un problema di sorta. Però bisogna sempre cercare di porre un pizzico di originalità in ciò che si propone. Un soggetto per Tex mi era stato bocciato non perché brutto ma perché, appunto, poco originale, un western come tanti altri.
Un’ultima domanda per i nostri lettori: quali sono i tuoi progetti futuri? C’è un sogno nel cassetto, magari un altro romanzo o un personaggio tutto tuo, che vorresti realizzare?
Innanzitutto, sto aspettando una conferma o un rifiuto per il soggetto di un film comico, spero che il mio “aggancio” a Cinecittà si sbrighi, non sto più nella pelle! Poi vorrei scrivere un ciclo di gialli ambientati in Sardegna, ma qualcosa di diverso dai soliti gialli. Infine, sto pensando a una graphic novel e a un progetto più impegnativo e che richiederebbe anni di lavoro per essere realizzato. E, perché no, proporre qualcuna delle mie canzoni a un o una artista. Chissà…
Ciao gente!
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