Adattamento dall’omonimo romanzo di Lorenzo Licalzi, L’ultima settimana di Settembre è il lungometraggio d’esordio per il regista Gianni De Biasi.

La storia vede protagonisti lo scrittore Pietro Rinaldi, portato in scena da Diego Abatantuono, e suo nipote adolescente Mattia, cui presta il volto Biagio Venditti. Il primo è un uomo disincantato dalla vita e dalla letteratura, tanto che si definisce un ex scrittore, ormai ritiratosi e che decide nel giorno del suo compleanno di andarsene con un estremo gesto, non prima di aver scritto però una lettera di addio.

Mentre sta per porre fine alla sua esistenza riceve la visita di due carabinieri che gli comunicano la morte a causa di un incidente stradale di sua figlia e di suo genero. L’intera vita di Pietro ci viene descritta pregna di egoismo e di solitudine, ma repentinamente è messo a confronto con una realtà drammatica: la perdita della sua famiglia e l’affidamento da parte dei servizi sociali di suo nipote, che nemmeno lo chiama nonno ma solo col suo nome di battesimo a causa della sua imperitura assenza.

Belle le riprese dal basso durante i funerali, mentre la bara della mamma di Mattia sfila sorretta dagli addetti dell’agenzia funebre svelando pian piano la cima della cupola della chiesa che svetta verso un cielo plumbeo. L’incomprensione regna tra generazioni differenti in un affresco efficace che ne tratteggia anche i caratteri.

Pietro Rinaldi vive nel passato, ricordando e idealizzando al tempo stesso la moglie Sara, unico grande amore della sua vita, morta molti anni addietro. Mattia invece è immerso in un presente atroce. Da Roma spunta improvvisamente il fratello del padre del giovane, che si offre di accogliere nella sua famiglia il nipote che non aveva mai conosciuto. Pietro, troppo vecchio, ma soprattutto troppo egoista, decide che è meglio che Mattia vada a stare a nella capitale dai suoi zii.

L’ultima settimana di Settembre così diventa un road movie ambientato nel Salento, in cui lo scrittore, con l’occasione di accompagnare suo nipote, tira fuori dal proprio garage una vecchia Citroen DS 19, vettura d’epoca alla quale è molto legato. Pietro va piano e percorre solo strade secondarie, e la distanza dalla meta è lunga più del dovuto. Il percorso è come un dedalo ove si possono fare gli incontri più particolari, perdendo la cognizione del tempo, allungando il tragitto durante il quale è possibile trovare il primo amore per Mattia e una pletora di ammiratori del Pietro scrittore accalcati in una villa di una professoressa benestante sperduta in un bosco.

Fin troppo bello sarebbe stato se la deriva onirica avesse prevalso, in linea con lo spirito libero di un viaggio on the road ove tutto o quasi è possibile; peccato, però, che non è così. In quanto abbiamo un carico eccessivo di buoni sentimenti, condensati in un happy ending prevedibile e forzato, scaturito da un’allucinazione sospesa tra una ghost story lampo e un improvviso moto d’affetto da parte di un imperturbabile (fino a pochi minuti dalla fine del film) Pietro, il quale aveva l’abitudine di scrivere su un taccuino tutte le persone, mestieri e caratteri che più odiava (praticamente tutti).

L’ultima settimana di Settembre sembra uno di quei titoli drammatici che hanno delle qualità, in questo caso soprattutto nella scelta musicale e anche nella la regia, che regala scampoli di buon cinema on the road; ma risulta stantio nel generare emozioni che si spengono in un finale fin troppo ottimista che sa di già visto e dal taglio piuttosto televisivo. Un finale che svilisce quel che c’era da salvare.


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