Premio per la migliore sceneggiatura (firmata da Sakamoto Yuji) al Festival di Cannes 2023, Monster di Kore’eda Hirokazu (regista già Palma d’Oro per Un affare di famiglia) esce nelle sale italiane con il titolo L’innocenza. Un titolo che richiama sia l’innocenza metaforica della giovane età dei due protagonisti, sia quella tangibile del professore accusato di maltrattamenti nei confronti dei suoi alunni. Il titolo originale, Monster, si riferisce invece più chiaramente all’epiteto con cui viene appellato uno dei due giovani protagonisti, assumendo comunque anch’esso la doppia valenza di interpretazione: chi è davvero il mostro?

La costruzione della trama e l’incastro dei vari piani di lettura sono il fulcro attorno a cui si srotola la storia scritta da Sakamoto, che Kore’eda rilegge e trasforma con immagini dense di lirismo, poesia e delicatezza. Le musiche del Premio Oscar Ryuichi Sakamoto, che con questo film ha composto la sua ultima colonna sonora, eleganti ed essenziali donano poi intensità non solo ai personaggi, ma ad ogni passaggio fondamentale della storia, così come ai singoli momenti importanti per i protagonisti.

Saori, vedova e madre del giovane Minato, vede il figlio iniziare a comportarsi in modo strano; da qui inizia l’intreccio di ipotesi e congetture che si incentrano sul nuovo insegnante di Minato, il professor Hori, e sul compagno di classe Eri. Le incursioni a scuola da parte di Saori alla ricerca di una spiegazione hanno poco esito, stante anche l’atteggiamento reticente della preside Makiko. A poco a poco vediamo Hori sospettato di maltrattamenti verso Minato e quest’ultimo di bullismo nei confronti di Eri; e finanche la preside di aver investito la nipote facendo ricadere la colpa sul marito per non perdere la sua posizione di prestigio. Mentre le storie si intrecciano e si dipanano a seconda del punto di vista privilegiato dal regista.

Tre verità, espresse da tre punti di vista differenti convergono infine verso l’unica reale. Il racconto è diviso infatti in tre momenti paralleli che corrispondono al punto di vista di Saori, del professor Hori e di Minato, che porterà infine alla luce la verità oggettiva mettendo insieme i frammenti e le facce del poliedro, arrivando dalle visioni parziali a quella dell’intero. Tutte le tessere del puzzle troveranno allora il loro posto, dando vita ad un quadro imprevisto, potente e delicato al tempo stesso. L’innocenza del professor Hori diviene palese, mentre quella di Minato assume un diverso significato, di purezza di fronte a un sentimento inatteso e stigmatizzato socialmente prima ancora di essere espresso, che apre la porta a bugie e incomprensioni. In sottofondo, il tema buddista della reincarnazione, del padre di Minato e dello stesso ed Eri, che bramano di rinascere a nuova vita, insieme.

Con L’innocenza, Kore’eda riprende dunque i temi a lui cari, dal lutto al disagio giovanile, ai traumi della vita, riflettendo sui ruoli familiari e sulle relazioni che nascono fuori da una cornice di affetti istituzionalizzata; e lo fa attraverso la consueta delicatezza e maestria registica, incantando lo spettatore tramite la sua visione lirica di una realtà che potrebbe altrimenti risultare cruda e crudele, accompagnando per mano i due giovani protagonisti dal buio del loro legame inconfessabile alla luce dell’accettazione.

Intorno, la natura si scatena – letteralmente – tra incendi e pioggia incessante, quasi a punteggiare l’avanzare della storia; per raggiungere, nel finale, l’acme con il tifone che tutto lava e porta via, lasciando aperta la conclusione in una atmosfera quasi da cartone animato che sembra rimandare alla magia di un film di Myazaki.


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