Oggi parliamo dei SANDFLOWER, che hanno recentemente lanciato il loro terzo album intitolato ‘Lieve’. Questo disco è una collezione di riflessioni e percezioni sui tempi attuali, esplorando temi legati alla condizione umana. Attraverso il disco, la band esplora chi siamo, il nostro ambiente e le nostre esperienze durante un periodo di isolamento forzato. Con una scelta stilistica decisa, i SANDFLOWER propongono un racconto senza filtri, esplicito e incisivo.
Come vi siete incontrati e come è nata la vostra band?
I Sandflower nascono sui banchi di scuola, dall’incontro tra Enrico (chitarra) e Julian (Basso) tramite amici in comune nel lontano 2003.
Federico (voce) amico d’infanzia di Julian si unì poco dopo e nel 2004, Enrico incontrò Giuseppe (Batteria) in Università.
All’inizio l’intenzione era quella di divertirsi suonando cover prese a piene mani dalla scena di Seattle, da quel momento in poi si è sviluppata tutta la nostra voglia di comporre musica nostra.
Come gestite i conflitti o le divergenze artistiche all’interno del gruppo?
Con la democrazia.
Siamo quattro individui con idee e gusti diversi, non c’è un “leader” che prende le decisioni, ognuno è libero di esprimere la propria opinione e le idee vengono discusse insieme per trovare soluzioni che possano andare bene a tutti.
Questo non avviene solo per la gestione dei conflitti o le divergenze artistiche interne ma è anche il modo in cui prende forma il sound dei Sandflower.
Ovviamente ci sono stati e ci saranno sempre momenti d’incomprensione, siamo umani e sono cose naturali. Si può dire che finché ci saranno discussioni tra di noi ci sarà interesse nel progetto da parte di tutti e questo non può che essere una cosa positiva.
Cos’è per voi la musica? Quanto contano la passione e lo studio per avviare una carriera musicale?
Ognuno di noi ha studiato per poter essere in grado di raggiungere un certo livello ma siamo consci di essere tutti lontani da quelli che sono gli standard di un musicista professionista nel 2024.
Per noi la musica è passione ed espressione totale. Abbiamo sempre fatto ciò che ci piaceva, mettendoci sempre in dubbio per veicolare al massimo questo bisogno espressivo.
Noi suoniamo con il fine di poterci esprimere liberamente, la carriera musicale è un concetto estremamente difficile per noi, soprattutto in Italia.
È uscito il vostro nuovo disco “Lieve”. C’è un messaggio, un filo conduttore che lega i brani che ne fanno parte?
Non c’è un messaggio specifico in “Lieve”, almeno non imposto da noi.
Tutti i brani veicolano più messaggi e significati e vorremmo fosse l’ascoltatore ha elaborarli; guardarsi intorno, prendere posizione, schierarsi e lottare per i propri ideali.
Quanto c’è di autobiografico nelle vostre canzoni?
C’è attualità, cronaca e quotidianità; un’autobiografia condivisa da molti individui, non pensate?
In che modo i social possono essere utili per l’attività di un artista?
Nel 2024 è impossibile per un artista estraniarsi dai social.
Non sempre è un bene, non sempre è la cosa migliore che si possa fare perché può succedere di dare troppa importanza alla forma e poca alla sostanza.
Per noi era fondamentale ricercare un equilibrio di pubblicazione e grazie ad Overdub Recordings (che sta curando anche la parte social) siamo riusciti ad ottenere quello che volevamo.
C’è un luogo o un festival dove sognate di esibirvi?
Ovunque ci siano persone a cui la nostra musica possa arrivare in maniera diretta e senza filtri.
Ovunque si voglia dare ancora spazio alla musica suonata con passione.
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