Thriller, fantascienza e horror si intrecciano nelle storie raccontate da uno strano individuo all’interno di un obitorio. Questo, in soldoni, lo schema di un piccolo gioiello classe 1993, Body Bags – Corpi Estranei, un film antologico composto da tre episodi uno più gustoso dell’altro, e da un altrettanto godibile segmento – contenitore, diretti da nomi quali Tobe Hooper, John Carpenter e dallo sceneggiatore Larry Sulkis. Carpenter, oltre ad essere anche produttore esecutivo, firmerà persino le bellissime musiche, concorrendo a rendere tutta la pellicola molto affine alla sua poetica. Dopo Creepshow (1982) e Creepshow 2 (1987), creati dalla coppia magica Stephen King – George A. Romero, ecco che un’operazione simile viene compiuta da un’altra coppia d’oro del cinema dell’orrore, quella composta da Carpenter e Hooper.
Nell’episodio – contenitore, L’Obitorio, diretto da Hooper, un allampanato John Carpenter interpreta una sorta di zio Creepy inquietante e divertente allo stesso tempo, che si prende gioco dei morti e della morte, e narra con sarcasmo gli episodi che, ovviamente, si concludono tutti con la morte di qualcuno. Il primo è La Stazione di Rifornimento, diretto da Carpenter, in cui una giovane studentessa si appresta a trascorrere la notte in una stazione di servizio per il suo primo giorno di lavoro. Ovviamente le visite che riceverà non saranno delle più piacevoli. Il secondo episodio, Hair, attribuito nei titoli a Carpenter, è invece stato diretto da Larry Sulkis, alla sua prima regia, noto soprattutto come sceneggiatore; qui un uomo è ossessionato dalla perdita dei capelli e cercherà in tutti i modi di farli ricrescere, finché non conoscerà un dottore che sembra avere in mano la chiave per risolvere tutti i suoi problemi. Ma è ovvio che c’è un ma. Infine abbiamo Eye, diretto da Hooper, nel quale un giocatore di baseball con davanti una brillante carriera perde l’uso di un occhio a causa di un incidente e decide di sottoporsi a un trapianto del bulbo oculare che gli cambierà completamente la vita.
“Cause naturali, sempre cause naturali, solo cause naturali, io odio le cause naturali, datemi un bel cadavere tagliuzzato e fatto e pezzi e mi farete felice”! Così si lamenta quello che sembra uno strampalato medico legale mentre si aggira tra i cadaveri dell’obitorio, dove parrebbe trarre giovamento dal sezionamento dei corpi e quindi da coloro che sono morti di morte violenta. Trangugia avidamente formaldeide e lancia pezzi di cadavere ovunque con tono canzonatorio: è assolutamente irresistibile, grazie anche al favoloso trucco realizzato dall’equipe degli effettisti di cui fa parte Greg Nicotero, che già all’epoca aveva lavorato su set quali Il Giorno degli Zombi di George A. Romero (1985), La Casa 2 di Sam Raimi (1987), Predator di John McTiernan (1987), Fantasmi II di Don Coscarelli (1988), Re-Animator 2 di Brian Yuzna (1990), La Casa Nera di Wes Craven (1990) e moltissimi altri. L’Obitorio è di per sé un piccolo corto nel quale vanno ad innestarsi gli altri, ed il finale a sorpresa, in cui sbuca fuori addirittura Tobe Hooper, non potrà che strappare un sorriso a tutti. Questo film, pur essendo degli Anni Novanta, ha molto del cinema degli Anni Ottanta, e la vena di black humour che pervade tutta la narrazione, con eccezione, forse, dell’ultimo racconto, il più crudo e spietato, è sicuramente un elemento più pertinente agli Eighties che ai Nineties.
La Stazione di Rifornimento vede come protagonista la bella attrice Alex Datcher, nota per aver preso parte alla serie tv andata in onda dal 1987 al 1994 Star Trek: The Next Generation. Curioso come la Datcher, sebbene sia di colore, somigli tantissimo all’attrice Adrienne Barbeau, moglie di John Carpenter dal 1979 al 1984 e protagonista di alcuni suoi film di culto quali Fog (1980) e 1997: Fuga da New York (1981). Qui più che negli altri episodi sono incalzanti le musiche composte da Carpenter insieme al compositore Jim Lang; i due torneranno a collaborare l’anno successivo per la colonna sonora de Il Seme della Follia, uno dei film più iconici del regista di Carthage. Qui una stazione di servizio di notte diventa un vero incubo per Anne, la studentessa che ostenta sicurezza ma che proprio tanto sicura non è. Inoltre un maniaco si aggira per le strade della città massacrando ragazze: sarà lui che ha disegnato l’orrido e raccapricciante demone uccidi – donne sulla porta del bagno degli uomini? Il sangue, logicamente, scorre a litri, e colora di rosso il mondo, soprattutto sul finale. Un po’ banalotta come storia, ma girata in maniera eccelsa e capace più volte, anche nel prevedibile, di far sussultare. E poi, ragazzi, che cast! Nel ruolo del collega di Anne, Bill, che si preoccupa per lei, l’attore californiano Robert Carradine, fratello del compianto David, che lo ha anche diretto nel suo California 436 (1974). Dalla pompa di benzina, anche se è notte, passa un bel po’ di gente, tra cui un uomo pallido che invita Anne a bere con lui in auto, e che è nientemeno che Wes Craven, mentre in un cadavere è possibile riconoscere un altro regista storico, Sam Raimi! Nel ruolo dell’unico uomo apparentemente normale che si presenta troviamo David Naughton, noto agli appassionati di horror per essere stato David Kessler nel capolavoro di John Landis Un Lupo Mannaro Americano a Londra, protagonista di una delle trasformazioni in licantropo più epocali della storia del cinema.
L’episodio Hair è introdotto da Carpenter che nell’obitorio si diverte a psicanalizzare un morto, ed infatti verte tutto sulle paranoie nate da un malessere, in questo caso fisico, la calvizie. Il povero Richard proprio non riesce ad accettarsi spelacchiato, sogna una chioma fluente, e questo lo manda in crisi nera, tanto da farlo allontanare anche dall’avvenente fidanzata Megan, che per altro lo ama anche così senza farsi il minimo problema. L’episodio si apre in maniera decisamente ironica, Richard si applica sulla testa ogni sorta di schifezza, ma continua a vedere intorno a sé solo uomini, donne, ed addirittura cani dalle chiome fluenti, compreso il parrucchiere da cui lo manda la fidanzata. Questa ossessione pressante lo porterà a mettersi nelle mani della persona sbagliata, il fin troppo sorridente ed accomodante dott. Lock. Diffidare delle cose troppo semplici, sembra suggerirci il regista, Larry Sulkis. A tratti l’episodio ricorda quello di Creepshow interpretato da Stephen King, La Morte Solitaria di Jordy Verrill, in cui al povero protagonista, dopo il contatto con un meteorite piombato dallo spazio nel suo campo, comincia a crescere vegetazione su tutto il corpo. E non credo, quindi, sia una casualità, se in un frame di Hair, Richard vede alla televisione la pubblicità di un portentoso ed a quanto pare miracoloso fertilizzante! Una strizzatina d’occhi, tra mostri sacri, ci sta, e non è un caso che anche qui, alla fine, si approdi alla fantascienza! Nel ruolo del protagonista un attore stranamente sottovalutato ma davvero eccezionale, Stacy Keach, che ha lavorato anche in Italia diretto da nomi quali Umberto Lenzi (Il Grande Attacco, 1978) e Sergio Martino (La Montagna del Dio Cannibale, 1978), e che ritroveremo a fianco di Carpenter nel 1996 in Fuga da Los Angeles. Al suo fianco la cantante scozzese Sheena Easton, nei panni di Megan, ed il favoloso attore britannico David Warner, in quelli del dottor Lock. Volto dell’arcigno maggiordomo di Cal Hockley in Titanic di James Cameron, Warner ha lavorato anche in pellicole di culto quali vari Star Trek e Il Seme della Follia del nostro Carpenter (1994). Sexy infermiera del dott. Lock è la conturbante Debbie Harry, voce del gruppo Blondie, ed anche, saltuariamente, attrice. La ricordiamo in cult quali Videodrome di David Cronenberg (1983), Grasso è Bello di John Waters (1988) ed I Delitti del Gatto Nero di John Harrison (1990), in cui interpretava un’affascinante quanto perfida strega. Una piccola curiosità: uno dei capelloni che passano davanti al depresso Richard, e precisamente quello col cane a pelo lungo, è proprio l’effettista Greg Nicotero di cui sopra.
Infine abbiamo Eye, episodio diretto da Tobe Hooper. Qui non c’è posto per l’ironia, che invece faceva capolino nei primi due, soprattutto nel secondo, ed è il segmento più crudo, cattivo e disilluso dei tre. Brent Matthews è un uomo che ha tutto: una promettente carriera nel baseball, una moglie bella che lo ama ed un figlio in arrivo. È un brava persona, si merita tutto quello che ha. Semplice, non si è montato la testa, ha un ottimo rapporto coi compagni di squadra, ama follemente la moglie. Perché ad un uomo così deve succedere tutto quello che succederà? Perché il destino, ahimè, non guarda in faccia nessuno, e sotto il tetto dell’obitorio ci arrivano tutti prima o poi, onesti o disonesti che siano. Brent è onesto, certo, ma gli viene impiantato un nuovo bulbo oculare, che apparteneva ad un certo John Randall, assassino giustiziato nella camera a gas per l’omicidio con stupro di diverse donne. Ed il gioco è fatto. Avete presente l’horror asiatico The Eye del 2002 di Danny e Oxide Pang? Ecco, chissà che gli sceneggiatori non avessero dato uno sguardo al nostro Body Bags in precedenza, perché la storia è, sotto diversi punti di vista, molto simile. Profondamente religiosi, Brent e la moglie Cathy vivono una vita scandita dai passi della Bibbia, e sarà sulla Bibbia che si concluderà nella maniera più brutale possibile, l’episodio: “E se il tuo occhio destro ti reca offesa, cavalo e gettalo lontano da te”, Matteo 18, 6-10. Intenso, nel ruolo drammatico che si trova a ricoprire, l’attore americano Mark Hamill, il famoso Luke Skywalker della saga di Guerre Stellari, personaggio che lo immortala nella storia del cinema. Al suo fianco, nel ruolo della moglie Cathy, la bionda Twiggy, la supermodella londinese che ha fatto la storia della moda negli Anni Sessanta, soprattutto per essere stata la prima indossatrice a portare la minigonna disegnata dalla stilista Mary Quant. Ma Twiggy si è sempre dedicata anche alla recitazione, lavorando con nomi quali Ken Russell (Il Boy Friend, 1971) e John Landis (The Blues Brothers, 1980). La bionda Stecchina dimostra di saper dar vita anche a personaggi molto sensibili e sofferti, com’è appunto Cathy, incinta del figlio del marito che ama, ma che vede cambiare repentinamente sotto i suoi occhi, mentre tutto il suo mondo di certezze e affetti va in frantumi. Anche qui un interessante ed insolito cammeo: nei panni del dott. Bregman, che esegue l’operazione sull’occhio di Brent, troviamo il regista Roger Corman, noto soprattutto per aver portato sul grande schermo alcuni dei più famosi racconti di Edgar Allan Poe, tra cui Il Pozzo ed il Pendolo (1961), Sepolto Vivo (1962), I Racconti del Terrore (1962), La Maschera della Morte Rossa (1963) e La Tomba di Ligeia (1964), quasi tutti con protagonista Vincent Price.
Insomma, un bel tuffo nel passato, questo Body Bags, che qualsiasi nostalgico patentato come me amerà, con una galleria di nomi da urlo, e tre episodi uno più bello dell’altro, per ricordarci che il cinema horror americano, un tempo, aveva idee da vendere, e non stava lì solo a produrre inutili remake. Body Bags nasce come episodio pilota di quella che doveva essere una sorta di serie, che però, purtroppo, non è mai stata realizzata. Chissà quali sorprese e quali volti noti ci avrebbero regalato i nuovi episodi …
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