Quello Che Siamo” vuole raccontare com’è l’amore per davvero, senza mai parlarne in modo diretto: sono i dettagli tra le righe a fare la vera differenza. L’obiettivo del brano è quello di portare chiunque lo ascolti lontano dal freddo del mondo, verso una dimensione in cui tutto cessa di esistere se non l’amore più̀ sincero e reale.

Ciao, Blynch. Da dove nasce l’ispirazione per il brano “Quello che siamo”?

Salve, e grazie tantissime per avermi accolto in questo meraviglioso spazio. “Quello che Siamo” nasce dall’amore più viscerale e profondo che abbia mai provato per una persona, sbocciato in tutta la sua forza in un periodo in cui non mi è stato possibile farlo uscire. Nasce dall’incontrollabile bisogno di comunicare alla mia persona amata quanto l’amassi, senza rischiare di rompere tutto rendendo questo concetto troppo “pesante”. È stato dunque un mio modo di “spezzettare” un amore grande e totalizzante in tante piccole parti, una scomposizione di un concetto enorme in tante microimmagini. Soprattutto perché so di per certo che l’amore vero è fatto di questo, e non di paroloni.

Le relazioni sociali e sentimentali sono diventate più complesse, nell’era dei social e dell’internet?

Beh, sicuramente oggi toccherebbe affacciarsi a delle dinamiche relazionali progressivamente più dispersive e complesse. Abbiamo creato con gli anni una cultura dell’immagine che ha un po’ portato via l’effetto sorpresa generale del “conoscersi”, per cui tutto sembra già visto e paragonabile a qualcos’altro. Personalmente credo nell’amore che nasce dalla totale intimità di due persone, coinvolte nella medesima emozione. Quello povero di condivisioni online, privo di ipercelebrazioni più per gli altri che per sé stessə. Oggi ho la fortuna immensa di trovarmi nel pieno di un amore di questo tipo.

Ritieni che gli uomini abbiano paura di innamorarsi, di mostrare veramente sé stessi al prossimo? Se sì, perché?

Credo che parlare di “uomini” sia diventato estremamente generico come concetto, che le dimensioni di considerazione debbano essere ben più estese per poter dare una risposta concreta. Tuttavia, rispondendo al livello generale, posso dire che proprio la dinamica dell’“immagine” ed il confronto continuo ed inevitabile con il mondo intero renda molto difficile l’esternazione del proprio io più sensibile verso agli altri. Principalmente perché non si sa più come farlo in assenza di altri esempi, difficilmente si riesce a non copiare qualcosa di già visto al vicino. Abbiamo un modello d’azione che ha delimitato le nostre aperture emotive nella forma di uno stampino.

Hai voluto parlare dell’arte dell’amore per qualche motivo particolare?

Sicuramente perché è l’emozione più forte che esista nello spettro umano, e quella che più associo alla mia personale esperienza adolescenziale, che ha segnato un “prima ed un dopo” in me in modo decisivo. Dall’amore in poi si cresce, si cambiano valori, si cambiano obiettivi. Nell’EP che include “Quello che Siamo”, che ho chiamato “Bordibianchi” come quelli che circondano le polaroid, ho voluto ripercorrere e rielaborare la mia vita artistica a partire dalle prime emozioni “adulte” che ho provato da ragazzo. Forse un mio modo di farci pace da grande, di dare una forma a delle cose che fino ad ora erano astratte, o magari di far parlare quella parte di me per permettere a tutte le altre di uscire fuori. Credo che lo scoprirò suonando.


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