Nel lontano 1984 il grande regista e sceneggiatore George A. Romero dà vita ad una fortunata serie televisiva composta da 90 episodi autoconclusivi dal titolo Tales from the Darkside, diventata, in italiano, Un Salto nel Buio, generalmente basati su tematiche horror/thriller/fantascientifiche, e con soggetti firmati spesso da grandi nomi quali Stephen King, Clive Barker, Michael McDowell e dallo stesso Romero. Visto il grande successo della serie, nel 1990 il regista John Harrison, che ne aveva dirette ben otto puntate, decide di cimentarsi in un lungometraggio ad episodi ispirato proprio a Tales from the Darkside, e dal quale mutua anche il titolo, accompagnato dalla precisazione The Movie, e che in Italia diverrà I Delitti del Gatto Nero, ispirandosi al secondo dei tre episodi di cui il film è composto. La pellicola diviene presto un cult per gli appassionati del genere, ed a tutt’oggi è considerata tra le migliori pellicole antologiche insieme ai tre Creepshow (1982/1987/2007) ed a L’Occhio del Gatto (1985), che vedono sempre King tra i soggettisti, e anche al più recente Scary Stories to Tell in the Dark prodotto dal grande Guillermo del Toro.
Il frammento principale, che lega insieme i tre episodi, è una rivisitazione della classica storia di Hansel e Grethel: una bella e moderna strega invita degli amici a cena, ed ovviamente il piatto principale è un bambino che tiene racchiuso in una sorta di stanza segreta. Per farle perdere tempo il bimbo deciderà di leggerle alcune storie horror da un grande libro che lei stessa gli ha dato per passare il tempo, Tales from the Darkside, appunto, ed ella si lascerà sedurre dagli affascinanti racconti. Il primo, Lotto 249 (Lot 249), è tratto da un racconto di Arthur Conan Doyle: Edward Bellingham, studente attratto dall’esoterismo, acquista un antico sarcofago egiziano con all’interno ancora la mummia ed un papiro per riportarla in vita; se ne servirà come di un fedele sicario per vendicarsi di tutti coloro che non gli piacciono. Il secondo, Il Gatto Nero (Cat from Hell), è invece un racconto di Stephen King pubblicato successivamente nell’antologia Al Crepuscolo: un anziano paralitico, proprietario di una grande casa farmaceutica e perciò ricchissimo, ingaggia un killer per fargli uccidere qualcuno; ma colui che deve essere eliminato non è un uomo, magari un rivale in affari o in amore, ma un gattino nero che vive nella sontuosa dimora di famiglia e che il vecchio accusa di aver ucciso tutti gli altri che risiedevano lì insieme a lui; il killer accetterà col sorriso sulle labbra, ma il compito si rivelerà più ostico di quanto pensasse. Il terzo episodio, La Promessa degli Amanti (Lover’s Vow), è scritto da Michael McDowell, ed è il più romantico dei tre: il pittore Preston è appena stato mollato dal suo agente e, disperato, torna a casa insieme al barista del locale dove è andato per dimenticare i suoi mali; in un vicolo di New York i due vengono assaliti da un demone alato che uccide il barista e fa promettere a Preston che lo lascerà in vita se giurerà di non rivelare mai a nessuno di averlo visto e di aver parlato con lui. Come prevedibile il giovane giura, e tornando a casa si imbatte in una ragazza, Carola, alla disperata ricerca di un taxi. Preston la convincerà a passare la notte con lui, e i due finiranno sposati e con due figli, finché, dopo dieci bellissimi anni insieme, qualcosa, ovviamente, andrà storto.
La pellicola, oltre ai grandi nomi già citati, può contare anche su una meravigliosa quanto fiabesca fotografia, firmata da Robert Draper, sugli strabilianti effetti prostetici e su un cast di tutto rispetto, persino con qualche golosa sorpresa. Ad interpretare l’avvenente strega troviamo, ad esempio, Debbie Harry, cantante e leader del gruppo Blondie, che aveva già preso parte a pellicole iconiche quali Videodrome di David Cronenberg (1983) e Grasso è Bello di John Waters (1988), oltre ad un episodio di Un Salto nel Buio. Il tassello che vanta il cast certamente più stellato è Lotto 249, dove sono racchiusi insieme Christian Slater, Steve Buscemi e Julianne Moore. Ne Il Gatto Nero si riconosce l’Ubertino da Casale de Il Nome della Rosa di Jean-Jacques Annaud, William Hickey, voce di un altro paraplegico famoso della storia del cinema, il dott. Finklestein di Nightmare Before Christmas, e l’istrionico frontman dei New York Dolls, David Johansen, nei panni del killer.
Insomma, non c’è da stupirsi se questa pellicola ebbe fin da subito un grande successo al botteghino e se ancora oggi è considerata un vero cult movie tra gli amanti del genere. Fa leva su sentimenti semplici ed alla portata di tutti, mischiati con le più perverse storie horror. In Lotto 249 si vede fin dove possa portare l’ambizione smodata; ne Il Gatto Nero invece si dimostra come la cupidigia non possa nulla contro le forze del male; ne La Promessa degli Amanti è l’amore che viene messo a nudo, dimostrando come non sempre la sincerità a 360° possa giovare ad un rapporto. I meravigliosi effetti prostetici realizzati in maniera completamente artigianale da Dick Smith, considerando gli anni in cui il film è stato girato, fanno senz’altro la differenza; soprattutto emerge l’enorme demone alato dell’ultimo episodio, che poi sarà ripreso molto simile in Jeepers Creepers di Victor Salva (2002). Smith è ritenuto a ragione uno dei pionieri del trucco prostetico, e lo ricordiamo su set quali Il Padrino, L’Esorcista, Taxi Driver e Scanners, mentre nel 1985 viene premiato con l’Oscar al Miglior Trucco per Amadeus di Miloš Forman. Grazie all’uso di effetti sempre più incisivi man mano che si passa da un episodio all’altro, la tensione si rivela sempre crescente, e insieme alla maniacale cura dei dettagli ed all’ottima resa degli interpreti tutto concorre a rendere quest’opera antologica davvero godibile, anche a distanza di oltre trent’anni dalla sua realizzazione. I brividi, com’era consueto all’epoca, si mescolano al divertimento, mettendo insieme momenti e personaggi grotteschi con altri più propriamente horror, drammatici e gore. Ci si trovano dentro tutti i mostri possibili dell’immaginario collettivo orrorifico, dalle streghe alle mummie redivive, dai gatti neri malefici ai demoni, dai mostri mutanti alle antiche maledizioni…mancano un vampiro ed un lupo mannaro e poi la combriccola sarebbe stata davvero al completo.
Ovunque occhieggiano punte di sadismo e di pura crudeltà che mostrano, in fondo, in tutti e tre gli episodi, come spesso sia il Male ad avere la meglio sul Bene, e questo per me è decisamente interessante, visto che sono un po’ stufa degli horror che per essere belli debbano per forza avere un’happy ending. I numerosi colpi di scena, da quello abbastanza prevedibile dell’ultimo episodio a quello invece più inaspettato del primo, e che richiama alla memoria il memorabile episodio di Creepshow Alta Marea, anche se sotto una luce diversa, sono decisamente beffardi e giocano quasi sempre a ribaltare le attese dello spettatore, cosa che, personalmente, apprezzo molto. Amo farmi sorprendere, in un genere dove spesso pare che tutto sia già visto e rivisto. Purtroppo non all’altezza di tutto il resto la colonna sonora, composta dallo stesso regista che, ahimè, non è John Carpenter, e si sente!! Comunque che questo esperimento filmico sia piaciuto ce lo dimostra anche il fatto che nel 1991 ha vinto il Grand Prix al Festival Internazionale del Film Fantastico di Avoriaz, che in precedenza aveva visto trionfare titoli quali Duel di Steven Spielberg (il primo, nel 1973), Carrie di Brian De Palma, The Elephant Man di David Lynch e Terminator di James Cameron, giusto per citarne qualcuno.
Quindi consiglio a tutti voi la visione di questo carinissimo film ad episodi, un po’ Fratelli Grimm, un po’ Mille ed una Notte, e vedrete che non ve ne pentirete: sorriderete, verserete qualche lacrimuccia, e perché no avrete anche qualche bel brivido sotto la pelle. Certo non aspettatevi adrenalina pura, non è roba tipo L’Esorcista, per carità, ma se amate gli antologici, soprattutto quelli fumettosi degli Anni Ottanta/Novanta, non potrete che apprezzarlo e goderne fino all’ultimo frame. Assolutamente da avere in collezione, senza se e senza ma.
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