È un disco da fissare dentro le ossa, lettura dopo lettura. Un racconto in nove capitolo questo “La colpa”, terzo lavoro di inediti a firma di Lisa Brunetti in arte Helle. Non sono canzoni tout court, sono momenti di un amore, di una storia personale, di un modo di stare al mondo che deve liberarsi dal senso di colpa. È un disco dentro cui le canzoni non cercano la soluzione facile da fischiettare, non sono di quel pop d’autore impegnato e pesante, non c’è il futuro digitale di suoni che arrivano dalle macchina.
Questo disco parla un po’ di tutti noi in fondo. Siamo un po’ tutti nei panni di Giada, sempre accarezzando le analogie e le allegorie dovute. Che ne dici?
Pensa, mi ritrovo ne “la colpa” più oggi che al tempo della sua scrittura. Strano, ma vero. Spero possa parlare a tanti, ma di questo non posso avere risposta.
Che rapporto hai con il senso di colpa? Qualcuno dice che, vero o fittizio, servirà alla nostra naturale emancipazione…
Da ragazza il senso di colpa era il re dei miei giorni. Oggi ci dialogo; se c’è di mezzo il cuore, o l’identità stessa, ho capito che ci si possa fare ben poco. Io, nello specifico, non sono dotata di quella forza di volontà che va a sbaragliare qualsiasi immorale predisposizione d’animo. A volte l’egoismo non è che riflesso di una nostra inevitabile condizione. Ad esempio, chi soffre spesso tende a far soffrire gli altri. Chi ama, magari si innamora di chi non dovrebbe nemmeno guardare per sbaglio. Succede: l’importante è cercare sempre e comunque di portare rispetto. Si può rimediare ai propri errori finché non siamo umanamente in grado di cambiarli. E chi ci giudica si è dimenticato, forse, d’essere come noi.
Te lo chiedo perché in fondo questi ultimi due dischi in particolare parlando molto di emancipazione, di libertà… vero?
Ho creduto a lungo che sì, parlassero di libertà; oggi in realtà penso di aver cercato semplicemente Dio. Un qualsiasi dio.
Lascia un commento