Il produttore Alex Scharfman debutta alla regia con Death of a unicorn, una favola nera targata A24 che deflagra nell’ orrore.
Favola nera in cui un padre e una figlia sono in viaggio verso la dimora di un ricco magnate delle industrie farmaceutiche nel freddo nord delle montagne innevate quando accade l’imponderabile.

Elliot, incarnato da Paul Rudd, è un legale di alto livello, diretto insieme a sua figlia Ridley, interpretata da Jenna Ortega, verso la sfarzosa dimora di Odell, portato in scena da Richard E. Grant, ricco imprenditore nel campo dell’industria farmaceutica, per un importante incontro di lavoro. I due viaggiano in auto percorrendo i tornanti tra le gelide montagne, quando Elliot, che soffre di allergia, perde il controllo della vettura travolgendo qualcosa in mezzo alla strada. Una volta scesi dalla macchina si rendono conto di aver investito un animale, ma la clamorosa scoperta è che si tratta di un unicorno. Death of a unicorn è un mix tra commedia nera e horror che ha una deriva nello splatter e rielabora lo zuccheroso immaginario intorno alla figura degli unicorni.

Seppur l’idea di base sia interessante, i problemi sorgono all’origine, ovvero nella sceneggiatura. Sin dall’inizio, quando Elliot e Ridley caricano in auto l’unicorno morto per arrivare alla residenza di Odell, in pieno giorno, senza coprire la carcassa dell’animale, con un goffo inutile tentativo di non lasciare tracce viste, anche le pessime condizioni dell’auto dopo l’urto. Una volta giunti a destinazione, parcheggiano inoltre la macchina in bella mostra insieme agli altri veicoli. Nel frattempo si scopre che il sangue dell’unicorno ha il potere di sanare un corpo malato, e Odell ha un tumore all’ultimo stadio. Le gag che si creano con i componenti della famiglia hanno il difetto di dilungarsi troppo, perdendo di efficacia, e anche qualche accenno politico sulle riunioni delle élite finanziarie che si tengono a Davos viene poco sfruttato e, forse, poteva dare un maggiore spessore satirico al film. Inoltre, nelle vesti di Belinda, moglie di Odell, Téa Leoni è davvero marginale, come lo stesso Richard E. Grant, che viene svilito in un ruolo assai piatto. A salvarsi è Will Poulter che interpreta Shepard, il classico figlio di papà viziato e arrogante, con una vis comica a tratti convincente. Unica nota realmente positiva riguarda le creature fantastiche e il loro lato malvagio, che poi si scatena in un bagno di sangue infarcito di scene splatter che omaggiano i b-movie.

Death of a unicorn è un altro film in stile A24, dunque, che sembra fare il verso ad alcuni suoi lungometraggi, soprattutto più recenti. Cambiano scenari e contesti, ma la sostanza è sempre la stessa, come per Companion di Drew Hancock, che si svolge all’interno della residenza di un milionario russo, e per Opus – Venera la tua stella di Mark Anthony Green, ambientato in un ranch che è l’esclusiva dimora di una pop star. Tutti e tre i film hanno connotati comuni che sconfinano in un plot twist orrorifico, nemmeno più sorprendente, e tutti diretti da registi che fanno il loro debutto dietro alla macchina da presa. Death of a unicorn non è equilibrato nella commistione di generi che propone e sembra di guardare due film diversi, con la prima parte prolissa e verbosa che fa solo da preludio alla “sorpresa” finale in una trama pasticciata in cui leggende e segreti legati agli unicorni. sono appannaggio del “genio” di una ragazzina saccente e incompresa. Personaggio in cui la Ortega sguazza a meraviglia, colmo di cliché, tanto scialbo quanto insopportabile. È l’ennesima riprova di come idee e sceneggiature siano prodotte in serie e, più che davanti alla morte di un unicorno, sembra di trovarsi dinanzi a quella del cinema di genere.
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