Contro un iceberg di polistirolo è il sesto e ultimo capitolo dell’esalogia cinematografica di Pupi Oggiano, proiettato in anteprima al Cinema Massimo di Torino. La serata, animata dalla presenza del regista e del cast principale, si è rivelata un evento coinvolgente, non solo per i fan di questa audace saga, ma anche per chi ha seguito il percorso di Oggiano con curiosità e interesse. Concludere un progetto così articolato è sempre una sfida, ma il regista riesce a farlo con stile, regalando al pubblico un finale che combina in modo originale suspense, ironia e riflessioni sottili.
Il film si inserisce perfettamente nel contesto della saga, che ha saputo mescolare con abilità vari generi cinematografici – dalla fantascienza all’horror, passando per il thriller – mantenendo sempre una punta di leggerezza e umorismo che distingue il lavoro di Oggiano. Contro un iceberg di polistirolo è l’emblema di questo equilibrio: il titolo, apparentemente bizzarro, rappresenta una metafora brillante dell’intera opera, in cui la paura viene affrontata e ridimensionata attraverso il filtro della finzione.
La vera forza del film sta nella sua capacità di giocare con gli stereotipi del genere horror, trasformandoli in qualcosa di nuovo e inaspettato. I personaggi, che incarnano paure universali come la morte, il diavolo e l’ignoto, sono rappresentati in modo così umano e ironico da rendere queste figure meno spaventose e più vicine al pubblico. Questo tocco leggero è ciò che rende Contro un iceberg di polistirolo un’esperienza cinematografica diversa dalle solite pellicole del genere, offrendo uno sguardo originale su temi che, normalmente, incuterebbero timore.
Oltre a questo, è importante sottolineare la qualità della produzione: le scenografie, curate nei minimi dettagli, e la colonna sonora, anch’essa firmata da Oggiano, arricchiscono ulteriormente l’atmosfera del film, creando un mondo sospeso tra il surreale e il familiare. La presenza di citazioni e omaggi al cinema di genere contribuisce a far sì che ogni appassionato possa cogliere i riferimenti, ma senza mai essere invasivi o eccessivi.
Un altro punto di forza del film è la rappresentazione del cambiamento come paura, un tema trattato in modo sottile ma efficace. La terapia psicologica diventa una metafora del desiderio di cambiare e, al contempo, della paura di affrontare quel cambiamento. È raro vedere questo tipo di ansia rappresentata in modo così ironico e insieme profondo, offrendo uno spunto di riflessione su come spesso ci blocchiamo di fronte alle sfide che ci imponiamo.
Infine, il film riesce a sdrammatizzare la tensione tipica del genere horror attraverso la consapevole messa in scena della finzione cinematografica. Il gioco di smontare la paura rivelando i suoi meccanismi – come l’iceberg di polistirolo, simbolo di qualcosa di temibile ma in realtà innocuo – è una trovata geniale che permette allo spettatore di uscire dalla sala con un sorriso, piuttosto che con il batticuore.
Contro un iceberg di polistirolo non è solo una degna conclusione dell’esalogia, ma un vero e proprio omaggio al cinema, alla sua capacità di farci vivere emozioni forti in un contesto sicuro, e alla bravura di Pupi Oggiano, che con intelligenza e ironia ha saputo trasformare paure universali in un’esperienza divertente e originale. Un finale perfetto per una saga che ha saputo osare e stupire in ogni suo capitolo.
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