Prima opera di finzione del regista ed ex musicista di origine iraniana trapiantato in Italia Milad Tangshir, Anywhere Anytime strizza l’occhio allo stile documentaristico a lui caro (un bel riscontro critico ebbe il suo Star Stuff del 2019) e omaggia al tempo stesso il nostro Neorealismo, in particolare il capolavoro di Vittorio De Sica Ladri di biciclette.

Girato nella elegante e decadente Torino, il film racconta la storia di Issa (interpretato da Ibrahima Sambou, attore non professionista come il resto del cast), giovane immigrato clandestino in Italia da sei anni, licenziato dal suo lavoro al mercato perché irregolare, il quale trova una seconda possibilità come rider della Anywhere Anytime.

Ad aiutarlo è il suo amico Mario, che lavora in un ristorante: finito il turno, lo accompagna a comprare una bicicletta usata ad un prezzo non eccessivo e gli fornisce uno zaino e uno smartphone per fare il rider. Le cose sembrano mettersi bene per Issa, ma durante una consegna gli viene rubata la bicicletta; inizia così una corsa per raggiungere il ladro e un lungo peregrinare per la città alla ricerca della due ruote perduta. Finchè, persa ogni speranza, da vittima diventa imbelle carnefice, mettendo nei guai se stesso e l’amico. Una fotografia autentica descrive una Torino provinciale e dai ritmi lenti; l’unico a correre è Issa, per acciuffare il ladro prima, per sfuggire – da ladro – alla polizia poi. La città e la sua luce, dall’alba al tramonto, di notte e poi ancora di giorno, Issa la attraversa costruendo la propria storia e la propria disfatta, a piedi, in bici, di nuovo a piedi, ancora in bicicletta.

Le immagini sono quasi documentaristiche, mentre il racconto in stile neorealista tocca i punti più alti nei dialoghi tra i due amici nella propria lingua natia, che permette loro di essere veri e credibili. Nella Torino multietnica descritta da Tangshir la situazione degli immigrati africani e delle minoranze venute da altri paesi europei viene raccontata senza filtri: dai prefabbricati di accoglienza ai caseggiati dove l’esotico ladro di biciclette fa muro con i suoi connazionali contro il giovane Issa. C’è una atmosfera di degrado, di integrazione mancata, di stasi inamovibile, di speranze deluse. Se il Neorealismo di De Sica, Rossellini, Visconti e Zavattini raccontava l’Italia e gli italiani del secondo dopoguerra, con Anywhere Anytime il regista Tangshir ci mostra – crudamente – quella di oggi, provata dall’ondata di immigrazione cui non riesce a far corrispondere una adeguata integrazione. Se Mario è l’esempio di integrazione, Tangshir ci rivela come questa sia in realtà fragile, minata comunque da pregiudizi. E basta poco, un equivoco, una ambiguità, per vederla cancellata.

Issa vorrebbe integrarsi, ma da irregolare non riesce a mettere radici in un Paese che lo ha accolto a metà, relegandolo in uno stato di limbo senza via di uscita. Anywhere Anytime mescola il racconto di fiction ad una realtà quasi documentaristica per mostrare l’umanità e le difficoltà di chi viene in Italia in cerca di salvezza e di una vita dignitosa; ma quel che emerge è anche lo stato di profonda crisi del nostro sistema, assistenziale ed economico, in una Torino grigia e spenta, chiusa e diffidente verso chiunque, la cui unica luce di umanità si accende in casa di due anziani pensionati che ricambiano la gentilezza di Issa accogliendolo per una chiacchierata nel proprio salotto. Un confronto aperto tra due mondi che mostra come si possa trovare un punto di contatto con ciò che non conosciamo se gli permettiamo di farsi conoscere.


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