Noto come autore di pellicole ad alto tasso di adrenalina, dopo aver diretto Jason Statham in The beekeeper, del 2024, il regista e sceneggiatore David Ayer torna dietro alla macchina da presa per dirigerlo nel suo nuovo action movie: A working man.
Levon Cade è un operaio edile che, portato in scena, appunto, da Statham, lavora alacremente in un cantiere alle dipendenze di Joe Garcia, interpretato da Michael Peña, sposato e padre di Jenny, incarnata da Arianna Rivas.

Durante una notte di festeggiamenti insieme alle amiche in un locale, quest’ultima viene rapita da criminali affiliati alla mafia russa, trafficanti di giovani ragazze che poi vendono a ricchi depravati. Levon è un ex Royal marine in incognito, poiché vuole rifarsi una vita lontana dalle missioni ad alto rischio per dedicarsi completamente a sua figlia Merry, cui presta il volto Isla Gie, dopo che sua madre si è tolta la vita. Considerata la disperazione di Garcia per la scomparsa di sua figlia, gli promette che la riporterà a casa a qualsiasi costo. L’ex militare, una volta convinto a tornare in azione per una giusta causa, si mette dunque subito all’opera, iniziando a mietere cadaveri su cadaveri tra tutti coloro che lo ostacolano nel portare in salvo Jenny.

A working man è quindi azione allo stato puro, un concentrato di adrenalina che scorre nelle vene come il sangue pompato da un cuore impazzito che non tollera misfatti, in risposta ad una legge inadeguata che non punisce i criminali. E che allora scorra il sangue, in nome di una violenza giustificata, volta a porre fine al traffico di esseri umani, mentre i tutori della legge che ci vengono presentati nel film sono poliziotti corrotti, a parte l’eccezione di un detective vecchio amico e compagno d’armi di Levon. Ossa che vanno in frantumi in sequenze di combattimento a mani nude e munizioni delle armi da fuoco sembrano non finire mai, nel nome di un uomo solo contro tutti: Levon Cade. Co-sceneggiato dal regista insieme a Sylvester Stallone, anche produttore, il film di Ayer porta alla ribalta un giustiziere che ricorda John Rambo, a rammentarcelo anche una battuta pronunciata da un suo ex commilitone: Gunny, impersonato da David Harbour, che Levon ha tratto in salvo durante una missione. Questi gli dice che, se lui decide di tornare in azione, Dio aiuti coloro che gli si metteranno contro parafrasando le parole del colonnello Trautman alias Richard Crenna in Rambo, del 1982.

Il lungometraggio ha anche rimandi a Commando di Mark L. Lester e al primo Arma letale di Richard Donner per quanto riguarda un’uccisione commessa da Mel Gibson rimasta iconica. La figura di Levon Cade è un castigo divino, da solo contro tutti, quasi immune alla morte, qui viene definito un demone dai cattivi della Bratva, la stessa mafia russa che chiamava il John Wick di Keanu Reeves Baba Yaga. Il film di Ayer raffigura insomma un’America, in cui sembra di essere tornati in un certo senso anche nel vecchio West, sebbene il precedente The beekeeper si presentasse più strutturato e formalmente migliore. A working man comunque è l’ideale se si vuole guardare un film d’azione roboante, senza farsi troppe domande nemmeno di fronte all’incongruente vista di un operaio edile alla guida di un’auto sportiva da divo hollywoodiano, perché l’insieme intrattiene a dovere grazie ad un ottimo Statham che, appunto, un po’ John Rambo, un po’ John Wick, è ormai da tempo, una vera garanzia del filone.
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