Non è certo cosa celata che Wim Wenders sia un amante del cinema, del cinematografo in sé e di tutto ciò che comporta l’universo filmico, essendo autore capace di abbracciare un pensiero originale nella Settima arte e di raggrupparlo con altre argomentazioni, dalla poesia alla letteratura, alla musica, al fine da associare più correnti artistiche al servizio di un unico linguaggio.
Nel 1995 il regista de Il cielo sopra Berlino e Paris, Texas, volse il proprio sguardo verso la vera storia del cinema, parlando di un pugno di pionieri della pellicola e del cinematografo, al pari di grandi menti come i fratelli Lumière o Thomas Edison.
Loro sono Max, Emil ed Eugen Skladanowsky, tre personaggi che alla fine dell’Ottocento diedero vita in Germania al bioscopio, ovvero un primo proiettore cinematografico che veniva testato e provato nell’intimità della loro esistenza, atto a rivoluzionare il mondo dello spettacolo a venire.
Con il film I fratelli Skladanowsky, quindi, Wenders decide di innalzare un monumento a questi particolari geni della cinematografia, concretizzando un prodotto mirato ad alternare fiction – ricostruita come un muto dell’epoca ma con voce narrante – e documentario, includendo un’intervista alla vera figlia di Max Skladanowsky, Josephine, per portare agli occhi dello spettatore la magnificenza di un pezzo di storia del cinema nascosta o, comunque, poco conosciuta ai più.
Quindi, attraverso immagini in bianco e nero velocizzate come le proiezioni di una volta, ecco che assistiamo alle mute avventure di questi singolari artisti del fotogramma: Max (Udo Kier) ed Emil (Otto Kuhnle), le menti, più Eugen (Christoph Merg), l’interprete in scena, presi a perfezionare quella che ritengono un’invenzione senza eguali, da sperimentare di giorno in giorno. Il tutto sotto gli occhi della piccola Josephine (Marianna Kawka), la quale, divertita, porta con sé il ricordo di un’epoca d’oro, testimoniandola poi, da anziana, ad una troupe documentaristica guidata da Wenders stesso.
Riscalda allora immancabilmente il cuore e l’animo di ogni amante del cinema la visione de I fratelli Skladanowsky, opera che nella sua messa in scena affascina per come vuole rendersi un documento (o documentario) al passo col pensiero dei grandi pionieri del cinema, con quella minuziosa ricostruzione d’epoca atta a ricreare tempi e immagini care al mondo del muto; grazie all’ausilio di una ammaliante e avvolgente colonna sonora a cura di Laurent Petitgand e ad una perfetta fotografia in bianco e nero (alternata ad immagini moderne a colori per l’intervista alla vera Josephine) a cura dell’ottimo Jurgen Jurges.
Un’operazione che pulsa voglia di tramandare di mente in mente, di occhio in occhio, come anche di orecchio in orecchio, sensazioni, visioni e musica di un mondo oggi lontano anni luce, ma capace ancora adesso di godere di un pieno rispetto da parte di determinati appassionati e amanti delle immagini in movimento, come lo stesso Wenders vuole dimostrare.
I fratelli Skladanowsky è quindi titolo che si attesta come puro omaggio ai cento anni del cinematografo, festeggiati in quel 1995 in cui il film venne realizzato, anno segnato anche dal magnifico mockumentary Forgotten silver di Peter Jackson e Costa Botes.
Edito in dvd in versione restaurata grazie a CG Entertainment (www.cgtv.it) , il lungometraggio viene presentato su supporto digitale con dodici minuti di Scene tagliate, ventidue minuti di intervista a Wenders e un commento audio di quest’ultimo come contenuti speciali.
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