Introduzione
Il cinema horror ha sempre avuto il potere di suscitare emozioni profonde, spaziando dalla paura al disagio, dalla riflessione all’inquietudine. Tuttavia, negli ultimi tempi, il genere è spesso oggetto di scherno sui social media, trattato con superficialità e ridotto a meme o gag virali. Luigi Pastore, regista e direttore dell’Italian Horror Fantasy Fest, ha deciso di alzare la voce in difesa del genere, sottolineando l’importanza di restituire all’horror il rispetto che merita. Le sue parole non sono solo un richiamo all’attenzione, ma un atto di denuncia contro una cultura che sminuisce il lavoro di artisti e professionisti del settore.
L’horror non è solo intrattenimento: è arte, riflessione e catarsi
“Il genere horror merita rispetto!” – con questa dichiarazione decisa, Luigi Pastore lancia un messaggio chiaro e diretto. Troppe volte, soprattutto sui social, l’horror viene ridotto a mero intrattenimento di serie B, utile solo a strappare una risata o a generare reazioni esagerate e superficiali. Secondo Pastore, questo atteggiamento danneggia non solo l’immagine del genere, ma anche il lavoro di autori, registi, sceneggiatori, attori e tecnici che dedicano la loro vita a raccontare storie profonde e disturbanti.
“L’horror non è solo mostri, sangue o cliché. È una lente che mette a fuoco i conflitti sociali, le ansie collettive e le vulnerabilità personali”, ha dichiarato il regista. Con questa affermazione, Pastore intende sottolineare il valore simbolico del genere, che va ben oltre la paura fine a sé stessa. L’horror ha la capacità di rivelare le ombre della società, di svelare paure universali e di riflettere sulla condizione umana. Basti pensare a capolavori come Night of the Living Dead di George A. Romero, che ha saputo affrontare temi come il razzismo, la violenza sociale e l’isolamento, o The Babadook, che ha saputo trasformare la depressione in un “mostro” tangibile.
Ridicolizzare l’horror è un insulto alla creatività
Secondo Pastore, il problema più grande risiede nella “banalizzazione” del genere. Molti spettatori tendono a ridicolizzare l’horror, dimenticando che dietro ogni scena spaventosa c’è un grande lavoro di ricerca, scrittura e realizzazione. “Ridicolizzare l’horror è un insulto, non solo agli autori che vi dedicano il loro talento, ma anche a chi, come spettatore, trova in questo genere un modo di esplorare le proprie paure più intime”, ha dichiarato il regista.
Il regista sottolinea come ogni film horror sia frutto di un’analisi accurata delle emozioni umane. Ogni inquadratura, suono o scelta estetica è studiata per toccare le corde più profonde dello spettatore. Non si tratta solo di “far paura”, ma di creare empatia con i protagonisti, di far riflettere su ciò che accade all’interno e all’esterno della nostra mente. Questo impegno, secondo Pastore, merita di essere riconosciuto come forma d’arte al pari di qualsiasi altro genere cinematografico.
A supporto di questa tesi, Pastore cita il lavoro di maestri italiani come Dario Argento, Lucio Fulci, Mario Bava e Pupi Avati, artisti che hanno saputo raccontare il terrore con uno stile unico e inconfondibile. I loro film non sono semplici storie dell’orrore, ma opere d’arte visiva e concettuale, capaci di influenzare l’immaginario collettivo e il cinema mondiale.
Il cinema horror come strumento di riflessione sociale
Luigi Pastore sottolinea anche l’importanza dell’horror come strumento di riflessione sociale. “L’horror ha sempre esplorato le paure collettive e le ansie sociali”, afferma il regista. Il terrore del contagio, la paura dell’ignoto, il timore dell’isolamento e il senso di impotenza di fronte a forze più grandi di noi sono temi che hanno accompagnato il genere horror sin dagli albori. Pensiamo a film come The Thing (1982) di John Carpenter, in cui la paranoia e la sfiducia nel prossimo diventano il vero “mostro” della narrazione.
Durante il periodo della pandemia, questi temi sono tornati prepotentemente alla ribalta. Film e serie come Host o The Last of Us hanno saputo catturare e reinterpretare le paure della società contemporanea, confermando ancora una volta che l’horror non si limita a “spaventare”, ma coglie i nervi scoperti della società.
L’appello di Luigi Pastore: ‘Rispettate l’horror!’
L’appello di Luigi Pastore è chiaro e diretto: “Trattare l’horror con superficialità o deriderlo equivale a liquidare il coraggio degli artisti che sfidano i confini del nostro immaginario.” Dietro ogni opera horror, infatti, c’è una ricerca che tocca temi universali, come il rapporto con la morte, la perdita, il dolore, la vendetta e il desiderio di controllo. L’horror non è solo un genere di “spaventi facili”, ma una forma d’arte che può raccontare la nostra società, le sue paure e le sue fragilità.
“Ridicolizzare l’horror significa insultare non solo chi ci lavora, ma anche gli spettatori che scelgono di confrontarsi con le proprie paure”. Questa frase di Pastore è un invito a rivedere il nostro modo di guardare al genere horror, a smettere di considerarlo “cinema di serie B” e a riconoscere il suo valore artistico e culturale.
Un futuro più luminoso per l’horror italiano?
Pastore non si limita alla critica, ma lancia anche una proposta concreta: valorizzare l’horror come patrimonio culturale. In qualità di direttore dell’Italian Horror Fantasy Fest, si impegna a portare all’attenzione del pubblico le opere di registi emergenti e di maestri del settore. Eventi come questi diventano momenti di incontro e confronto tra appassionati, cineasti e critici, contribuendo a mantenere viva la fiamma dell’horror.
Il festival diventa quindi uno strumento fondamentale per ridefinire il rapporto tra il pubblico e il genere horror, dando spazio e voce ai registi che credono ancora nella potenza dell’immaginario e del terrore. Pastore conclude il suo discorso con un monito importante: “Il pubblico deve imparare a rispettare l’horror, perché il rispetto verso questo genere è anche un rispetto verso sé stessi e verso le proprie paure più intime.”
Conclusione
Le parole di Luigi Pastore non lasciano spazio a fraintendimenti: l’horror merita rispetto. Ridicolizzare questo genere significa sminuire il lavoro di chi, con coraggio e creatività, si impegna a raccontare storie che esplorano il lato più oscuro e nascosto della condizione umana. Non si tratta solo di intrattenimento, ma di uno strumento di riflessione e di crescita.
L’invito finale è chiaro: guardare all’horror con occhi nuovi, riconoscendone la complessità e la profondità, e abbandonando l’idea che si tratti di un “genere minore”. L’arte dell’horror non è solo paura e spavento, ma una sfida intellettuale e artistica capace di scuotere e far riflettere chi ha il coraggio di affrontare le proprie paure.
Segui Luigi Pastore e l’Italian Horror Fantasy Fest per scoprire di più sull’horror italiano e internazionale.
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