E’ uscito a fine ottobre il primo album di Gulino dal titolo “Prime Luci”. Una serie di brani che suonano come delle stupende poesie e per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista.
Gulino – Intervista
Qual è stata la scintilla iniziale che ha dato vita al tuo album “Prime Luci”?
La prima scintilla è stata la vita, forse troppo generico, ma è stato proprio quello che ho vissuto a farmi scrivere.
Ognuno di noi vive e porta con se quello che succede, ecco le mie “Prime Luci”.
C’è un momento particolare che ti ha fatto pensare “devo raccontarlo”?
Più che un momento è quanta emozione ci sta in certe situazioni.
Sono proprio loro a volersi raccontare e finire su un foglio di carta.
“Fumavamo le stelle” ad esempio, è nata da un ricordo che pensavo ormai perso, o che forse avevo messo io da parte. Invece ha ripreso vita nella mia mente, e lì non ci ho pensato due volte a scriverci sopra.
Quanto di questo album è frutto di esperienze recenti e quanto è un viaggio nei ricordi del passato?
È un viaggio continuo ammetto, tra ieri e oggi. Certe volte mi sembra che il passato faccia a cambio con il presente per quanto certi ricordi sono ancora nitidi in me.
Ti consideri un “narratore” nelle tue canzoni?
Mi sento la persona che le vive in primis, essendo tutte esperienze personali.
Allo stesso tempo, alcune volte, vorrei essere il narratore che racconta più che quello che le vive.
Come scegli le storie o i messaggi da raccontare attraverso la tua musica?
Scegliere la storia su cui scrivere non fa parte di me ammetto, è più una conseguenza di quello che si vive e di quanto ti colpisce ovviamente.
Il messaggio di ogni canzone si basa sempre su cosa ho sentito, “Ciglia” per esempio parla di una relazione finita ma intensa, è un ricordo che rimane impresso e volevo far capire che pure se le cose finiscono, non vuol dire che bisogna perderle per sempre.
Se dovessi scegliere un’immagine, un luogo o un oggetto che racchiuda lo spirito dell’album, quale sarebbe e perché?
Forse sceglierei il mio salone pieno di ricordi, foto e libri.
Lì è stato scritto quasi tutto l’album, e dove alcune di quelle canzoni hanno preso veramente vita.
Hai detto che il titolo è un omaggio a tuo nonno. In che modo lui ha influenzato la tua crescita personale e artistica?
Si è vero, mio nonno è la parte fondamentale del mio percorso e di questo album.
Grazie proprio alle sue poesie ho iniziato a scrivere, innamorarmi dell’arte e prendere la vita in un modo diverso.
Non ho avuto la possibilità di conoscerlo dal vivo, ma ho avuto la fortuna di conoscerlo in un altro modo.
Alla mia famiglia devo tutto.
C’è una canzone che, durante le registrazioni, ha preso una direzione del tutto inaspettata?
Mi viene in mente subito “Circo colorato”, è una canzone che si distingue dalle altre che sono nell’album.
Ha un ritmo proprio diverso ed è piena di metafore che l’hanno resa ancora più particolare secondo me.
Ci siamo divertiti molto nel produrla e sono contento di questo.
Se dovessi descrivere “Prime Luci” a qualcuno che non ascolta musica, come glielo racconteresti?
Penso che gli racconterei le motivazioni per cui è stato scritto, il bisogno di fare uscire certe emozioni e di urlarle come ho fatto.
Gli direi che la vita ti mette davanti a certe situazioni che non puoi evitare, e l’unico modo per affrontarle è stato scrivere per me.
Se potessi incontrare l’artista che sarai fra 10 anni, cosa gli chiederesti riguardo al tuo percorso musicale?
Gli chiederei se è felice, se questi 10 anni che sono passati l’hanno fatto sentire vivo.
E ovviamente gli chiederei come ha fatto ad arrivare la.
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