Nuelle si racconta

Nuelle ha presentato da poco il suo nuovo singolo “Free to be Wrong”. Un brano dal titolo già esplicativo e che ha subito catturato la nostra attenzione. Per l’occasione ci abbiamo scambiato quattro chiacchiere!

Nuelle Intervista

“Free To Be Wrong” è un titolo potente e provocatorio. Come hai scelto questo titolo e cosa rappresenta per te?

Scrivere questo pezzo è stato un processo così istintivo che non mi sono neanche chiesto perché stessi utilizzando certe parole, l’ho fatto e basta. La scelta del titolo è ricaduta in maniera naturale su “Free To Be Wrong” perché era la prima frase del ritornello, nonché quella di maggiore impatto e la sintesi perfetta del messaggio della canzone. Il titolo è provocatorio perché lascia intendere che ci sia qualcosa di sbagliato in me, e dopo tanti anni di lavoro interiore finalmente non lo credo più, ma il senso è: secondo alcuni canoni tossici di una fetta della società io potrei essere sbagliato? Bene, pensate quello che volete, ma almeno lasciatemi libero di esserlo!

Nel video ti vediamo trasformarti, quasi come se lasciassi cadere una maschera. Cosa significa per te questa metamorfosi, sia artisticamente che personalmente?

Era molto importante per me rappresentare visivamente questa metamorfosi. Per tanti anni mi sono chiuso in me stesso, non permettendomi di esprimermi liberamente per il timore di quello che gli altri potessero pensare di me. Con questo video ho voluto fare un regalo all’Emanuele di 10 anni fa, perché mi sono mostrato esattamente nel mondo in cui avrei voluto essere e che ho cercato di reprimere per tanto tempo, come se con questo video potessi mostrare a quel ragazzino quello che prima o poi sarebbe diventato. Desideravo tanto rappresentare metaforicamente proprio il percorso di crescita e di accettazione che ho affrontato, anche per ricordare a me stesso quanta strada ho fatto per arrivare a vivermi come mi vivo adesso.

Il tema della libertà è centrale nel tuo brano. In che modo credi che la musica possa aiutare le persone a sentirsi più libere?

La musica per tante persone spesso è il canale migliore per convogliare tutte le proprie emozioni che con le sole parole si ha difficoltà a esprimere. Per me è stato sempre così, e lo è tuttora. Essere liberi significa semplicemente non trattenersi dal vivere nessuna delle emozioni che ci percorrono, e lasciarle scorrere senza limiti, che sia attraverso la voce, i tasti di un pianoforte, le corde di una chitarra, qualsiasi cosa.

Il videoclip è molto visivo ed espressivo. Quanto hai contribuito personalmente alle idee dietro le scene? C’è un dettaglio nel video a cui sei particolarmente affezionato?

Da quando ho iniziato a pensare all’idea di associare un videoclip alla canzone, ho sempre avuto una scena ben chiara nella testa: l’immagine di me che mi strappo una camicia classica di dosso per rivelare un abito stravagante sotto, che è sempre stato lì tutto il tempo. Una scena molto simile è presente all’interno nel video, ed è forse il dettaglio a cui tengo di più proprio perché rappresenta il cuore del brano e il vero punto di partenza.

Ho presentato questa idea embrionale a Giulio Caputo, il regista, che ha accolto con entusiasmo il brano e mi ha aiutato a sviluppare tutta l’evoluzione narrativa del video e a pensare ai vari cambi d’abito, alle scenografie, e alle luci. È stato fondamentale nella cura di tutti i dettagli, per fare il modo che il video risultasse quanto più vivace e dinamico possibile, e soprattutto per fare in modo che potesse raccontare una storia chiara.

Hai esordito con “One Portion Of Affection”, un brano intimo e riflessivo. Come vedi la tua evoluzione musicale dal debutto a oggi?

Il primo brano che ho pubblicato ha avuto una produzione molto minimale, avendo registrato solo il pianoforte e le voci. È stato un mio modo semplice ed essenziale per iniziare a presentarmi al mondo, anche perché io sono nato cantando così, solo io e il mio amato pianoforte. In questo brano, però, sono riuscito a crearmi una veste molto più ricca, piena di tanti strumenti e suoni, che riuscisse a condensare le mie più grandi influenze derivate dal Soul classico, in particolare degli anni ’60. In questo senso c’è un’evoluzione tangibile a livello di sound, ma anche per una maggiore grinta vocale. Credo che però il messaggio di autenticità sia rimasto, perché in entrambi i brani mi apro su dei temi che mi toccano personalmente, e che al tempo stesso speravo che potessero toccare anche altre persone.

Se guardi al tuo futuro come artista, che direzione vuoi intraprendere? Ci sono temi o stili che vuoi esplorare di più?

Sto lavorando già al mio prossimo progetto, e questa volta non saranno pezzi in inglese. La direzione che voglio intraprendere è abbracciare la mia lingua madre, portando la matrice musicale anglofona a cui mi sono sempre ispirato nell’italiano. Finora ho sempre espresso messaggi molto profondi e personali, ma per le cose che verranno sicuramente esplorerò anche un aspetto più giocoso e spensierato di me, mantenendo al tempo stesso la mia genuinità e i temi a me cari.


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